Di chi è la nostra vita? È una bella domanda questa specie in tempi come i nostri in cui si sente spesso che bisogna legiferare in questo ambito. La vita è nostra nel senso che è affidata a noi. Ma nessuno si è dato la vita da solo e questo dovrebbe bastare a farci capire che non ne siamo i padroni in assoluto.
Ne abbiamo la responsabilità, e delle volte dobbiamo prenderci la responsabilità fino in fondo, ma in ultima istanza non possiamo pensare di esserne i padroni. E non c’è nemmeno bisogno di avere la fede per capire ciò, perché quando si esercita un dominio assoluto su se stessi, molto spesso invece di fare il bene facciamo il nostro male. Dobbiamo sempre conservare l’umiltà di non essere soli, e di lasciarci aiutare ad essere davvero liberi.
Ad esempio è la solitudine che molto spesso rende la vita insopportabile e di conseguenza anche la malattia, il dolore, la fragilità. Non essere soli ci aiuta a non essere così disperati da desiderare in alcuni casi la morte. Quando Gesù ci ricorda che la vita non è nostra ma in comodato d’uso, non lo fa per toglierci la libertà ma per toglierci il peso di una libertà che ci distruggerebbe se poggiasse solo sulle nostre spalle. Essere liberi è aver cura, e quindi scegliere. Ma non è scegliere e basta. Nel vangelo di oggi l’idea è ben resa dall’immagine usata da Gesù: “C’era un padrone di casa, il quale piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pigiare l’uva e vi costruì una torre; poi l’affittò a dei vignaiuoli e se ne andò in viaggio.
Quando fu vicina la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai vignaiuoli per ricevere i frutti della vigna”. Qualcuno ha fatto la vita e poi ce l’ha messa tra le mani. Lo ha fatto perché si è fidato, ma giunge il tempo in cui bisogna consegnare i frutti. Rendere conto significa dire per cosa abbiamo vissuto. Chi ha vissuto per sé stesso vede Dio come un usurpatore di libertà, ma chi ha vissuto nella logica dell’amore non ha paura di riconsegnare ciò che gli era stato affidato. Chi ha amato non ha troppa paura della morte.
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Vangelo del giorno
Mt 21, 33-43.45
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.