AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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“Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni”.
La sequenza della costruzione della descrizione presente nel vangelo di oggi dovrebbe farci molto riflettere. Innanzitutto il motivo per cui Gesù sceglie i Dodici è “perché stessero con lui”.
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Non c’è il primato del fare, ma dell’esserci. Si è cristiani pienamente quando si comprende che Gesù non ci ha scelti per usarci ma fondamentalmente per farci stare con Lui. Come se volesse dire che il nostro scopo non è quello di riempire un fantomatico esercito del paradiso, e che quindi si è buoni cristiani quando si eseguono gli ordini, ma la prima cosa che è davvero costitutiva per noi cristiani è quello che dice Gesù attraverso questo racconto a ognuno di noi: “io e te insieme, poi tutto il resto”.
Se ci riflettiamo questo è davvero un fatto rivoluzionario. Sono le parole dell’amore: “se io e te siamo insieme possiamo affrontare tutto”. Cristo ci vuole innanzitutto dare questo “insieme con Lui” costitutivo. Poi il resto va anche bene, ma viene dopo: “e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni”.
La vita spirituale dovrebbe servire innanzitutto a questo: a recuperare lo “stare con Lui”, come la cosa più decisiva della nostra vita. Invece noi ci arrovelliamo sempre sul fare, sui sensi di colpa del poter fare di più, sull’insoddisfazione dei risultati, sulla fatica del fallimento.
Quanta credibilità potrebbero tornare ad avere le nostre parole se nascessero dall’intimità con Lui. Quanto “potere” avremmo in più nella vita, soprattutto contro il buio che dobbiamo combattere, se solo attingessimo questa forza dal nostro stare con Lui. Siamo figli di un Dio che ci chiama per nome: “Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, e Andrea, Filippo…”.
Siamo figli di un Dio che scommette su di noi anche se siamo Giuda: “…e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì”.
Altro commento:
Il gesto della scelta dei discepoli che viene raccontato nel Vangelo di oggi non riguarda solo una categoria di persone ma riguarda tutti coloro che hanno il dono della fede. Troppo volte leggiamo il Vangelo piegandolo a letture clericali, ma dimentichiamo che ogni pagina del Vangelo parla a tutti e non solo a preti o consacrati, perché la chiamata di fondo non è a una vocazione specifica ma a quella vocazione battesimale che ci rende tutti discepoli: sacerdoti, re e profeti. È come se da prete io escludessi il racconto delle nozze di Cana solo perché sono celibe. Quel racconto non è riservato solo agli sposi ma a ogni battezzato. Ugualmente il Vangelo di oggi:
“Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni”.
Vorrei sottolineare le tre conseguenze della chiamata di Gesù. Innanzitutto dice il Vangelo li chiamò perché “stessero con lui”; la prima grande chiamata è ad avere un’intimità con il Signore. La prima chiamata è ad avere un’autentica vita spirituale. Poi aggiunge “per mandarli a predicare”; non si può pensare a una fede che non diventi missione, annuncio. Una fede che non sente l’urgenza di annunciare ciò che si è incontrato come Vero nella propria vita non è fede ma solo ornamento inutile. Terza cosa “perché avessero il potere di scacciare i demòni” che non significa che rende tutti esorcisti alla maniera del grande padre Amorth, ma rende tutti capaci di combattere il male in ogni sua subdola manifestazione: ingiustizia, disperazione, tentazione, visione mondana della vita e della storia, e così via. Vita spirituale, missione e lotta al male sono le tre conseguenze del dono della fede.