Ciò che può sembrare complicato nel Vangelo di oggi in realtà non lo è, perché Gesù sta cercando di stabilire qual è il punto di vista privilegiato, superiore, rispetto agli altri. La superiorità di Gesù non è la superiorità degli uomini, è la superiorità di chi sta in alto appunto, di chi viene dal cielo e ha visto le cose per ciò che sono veramente. E fa impressione pensare che Gesù dall’alto della Croce vede meglio di quelli che stanno in basso.
Chi soffre capisce la vita in maniera più profonda. Chi è inchiodato su una Croce guarda la realtà come Dio la guarda dal cielo, ma solo a patto che quella croce sia un’esperienza di santificazione e non di disperazione. Si può essere crocifissi e stare sottoterra, e si può essere crocifissi e stare in alto. Gesù ci ha donato una posizione nuova per le nostre croci.
Il calvario era un’altura, non una fossa. So che è difficile da accettare, ma la superiorità di cui parla Gesù, la si ottiene non dominando ma caricandosi la propria Croce fin su i nostri personali Calvari. Credere nel Figlio significa seguirlo fin la su. In fin dei conti ce l’aveva detto:
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“chi mi ama mi segua”.
In quel “seguire” si gioca tutto il nostro “credere”. Anzi si gioca tutto. In questo senso allora la fede è un cambio di prospettiva, ma essa non viene dalle idee ma da ciò che ci accade. È la vita stessa che molto spesso ci chiama a conversione, cioè ci chiama a capovolgere le nostre visuali.
Ma in questi capovolgimenti delle volte impariamo a leggere anche una bellezza nascosta che per molto tempo era rimasta nascosta alla nostra vista, e che in un capitombolo che ci è accaduto, d’un tratto ci è apparsa così evidente, così chiara, così struggente. Negli occhi di chi soffre a volte c’è così tanta bellezza, o tanta disperazione.
Da quegli occhi si capisce in che posto è stata piantata la loro croce. Un cristiano sa bene che più sale e più deve scendere nella realtà alla maniera di Cristo che
“si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8).
ⓘ NUOVO COMMENTO DALLA PAGINA FACEBOOK
C’è qualcosa di assolutamente incoraggiante della pagina del Vangelo di oggi. Gesù sta cercando di spiegare la differenza che Egli è venuto ad inaugurare con la Sua vita. Il continuo ricorrere alla doppia immagine “dalla terra e dall’alto” sta a significare la radicale differenza di cui Lui è portatore. Ma per entrare in questa “differenza” non c’è bisogno di un nostro sforzo, ma di un dono, è il dono dello Spirito. Se dovessimo usare un’immagine per rendere l’idea dovremmo dire che ciò che opera lo Spirito è simile a ciò che fa un padre quando prende il proprio figlio o la propria figlia e la pone sulle proprie spalle. Da quel momento in poi la visuale cambia e con essa la certezza di essere seduti su qualcuno di affidabile. […] Finisci di leggere qui.
Commento al brano del Vangelo di: Gv 3,31-36
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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