Il racconto dei discepoli di Emmaus è uno dei racconti più famosi delle apparizioni del Risorto. E forse lo è per un duplice motivo: tutti noi ci sentiamo un po’ come questi discepoli, confusi e molto spesso delusi nelle nostre aspettative; allo stesso tempo ciò che stiamo cercando non si trova in un luogo ma lì dove siamo, dove stiamo camminando, dove sta accadendo la nostra vita. Ma ciò che colpisce di più è l’incapacità di questi discepoli ad accorgersi che stanno camminando e conversando con Gesù in persona:
“Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”.
Sembra che l’evangelista Luca voglia suggerirci un rischio in cui tutti noi possiamo incorrere: se siamo discepoli automaticamente capiamo e vediamo Gesù sempre. La verità però è un’altra: i discepoli non sono digiuni della parola delle Scritture. Essi conoscono da vicino anche la vicenda di Gesù e molto probabilmente sono stati testimoni oculari di molte cose che lo riguardano.
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Ma la cosa che per loro è inconcepibile è l’esperienza della Croce. Essi si rifiutano di leggere la vicenda di Gesù e di tutta l’opera di Dio a partire proprio dallo “scandalo” della Croce. Allora è proprio Gesù che li aiuta a rileggere tutto da una prospettiva che non è più solo quella dell’intuizione umana, ma è la prospettiva dell’amore di Dio:
“«Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”.
La Croce molto spesso è ciò che manda in tilt la nostra vita, ma per un cristiano essa rappresenta la chiave di lettura più profonda della vita stessa. Dobbiamo sempre decidere se vogliamo credere al Dio delle nostre aspettative o se vogliamo credere al Dio di Gesù Cristo. La Pasqua è il capovolgimento della prospettiva, e te ne accorgi perché ancor prima di capire che è Lui, il cuore comincia di nuovo ad ardere.
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Il racconto dei discepoli di Emmaus rimane tra tutti i racconti della resurrezione quello che più ci riconsegna la pedagogia del Risorto. Gesù si accosta al dolore e alla rassegnazione di questi due discepoli che stanno ritornando a casa delusi dalla vicenda della sua morte in Croce. Essi sono incapaci a riconoscerlo.
Ci sono delle cose nella vita che ci impediscono di vedere la realtà nella sua verità. Ma Gesù non si arrende, entra lentamente nella loro vita facendo domande e spiegando loro il senso delle esperienze che hanno fatto. Lo fa attraverso la spiegazione della Parola che diventa così la grande trama che aiuta i discepoli a comprendere ciò che è loro accaduto.
E poi entrando nella locanda, attraverso il pane spezzato che simboleggia l’Eucarestia, apre loro gli occhi e li rende capaci di vedere ciò che fino ad un istante prima non riuscivano a vedere veramente. Tra il prima e il dopo c’è però un dettaglio che può essere davvero un aiuto al nostro discernimento: “Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme”.
Ci sono momenti in cui non riusciamo a vedere Gesù o a capirlo, ma sappiamo che Lui è con noi perché ci fa bruciare di nuovo il cuore per qualcosa di grande, e ci spinge a fare scelte senza più nessun indugio.
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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