AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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La festa della Presentazione di Gesù al Tempio è accompagnata dal brano del Vangelo che ne racconta la storia. L’attesa di Simeone non ci racconta semplicemente la vicenda di quest’uomo, ma ci racconta la struttura che è alla base di ogni uomo e di ogni donna. È una struttura di attesa. Noi ci definiamo spesso in rapporto alle nostre attese. Noi siamo le nostre attese. E senza rendercene conto la sostanza vera di ogni nostra attesa è sempre Cristo.
È Lui il compimento vero di ciò che ci portiamo nel cuore. La cosa che forse dovremmo cercare di fare tutti è cercare Cristo ravvivando le nostre attese. Non è facile incontrare Cristo se non si hanno delle attese. Una vita che non ha attese è sempre una vita malata, una vita piena di peso e di senso di morte. La ricerca di Cristo coincide con la presa di coscienza forte di una rinascita di una grande attesa nel nostro cuore. Ma mai come nel Vangelo di oggi il tema della Luce è così ben espresso:
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“luce da illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”.
Luce che dissipa le tenebre. Luce che rivela il contenuto delle tenebre. Luce che riscatta le tenebre dalla dittatura della confusione e della paura. E tutto questo è ricapitolato in un bambino. Gesù ha un compito specifico dentro la nostra vita. Ha il compito di accendere luci lì dove ci sono solo tenebre. Perché solo quando chiamiamo per nome i nostri mali, i nostri peccati, le cose che ci spaventano, le cose su cui zoppichiamo, solo allora siamo abilitati a estirparli dalla nostra vita.
Oggi è la festa della “luce accesa”. Oggi dobbiamo avere il coraggio di fermarci e di chiamare per nome tutto quello che è “contro” la nostra gioia, tutto quello che non ci permette di volare alto: rapporti sbagliati, abitudini distorte, paure sedimentate, insicurezze strutturate, bisogni inconfessati. Oggi non dobbiamo avere paura di questa luce, perchè solo dopo questa salutare “denuncia” può iniziare dentro la nostra vita una “novità” che la teologia chiama salvezza.
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La festa di oggi è una festa carica di luce. È la luce cantata dal vecchio Simeone. È la luce di Cristo che viene riconosciuto per ciò che realmente è. Ma c’è un dettaglio del Vangelo che non possiamo trascurare: “Mosso dunque dallo Spirito, [Simeone] si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio”.
Simeone è “mosso dallo Spirito”. Come sarebbe bello se ognuno di noi sentisse il desiderio di “essere mosso dallo Spirito”. Noi agiamo per calcolo, per buon senso, per emozioni, per sensazioni, per paura, per entusiasmi, ma c’è un modo di agire che nasce espressamente dalla vita spirituale, ed è agire “mossi dallo Spirito”. Chi agisce in questo modo è un po’ come una vela che viene sospinta dal vento favorevole. Lo Spirito non ci toglie la libertà ma la orienta, la indirizza per la direzione giusta.
Esso ci fa fare ciò che veramente ci compie, e proprio per questo ci fa fare la volontà di Dio. Viviamo in un momento storico dove si ha la sensazione che per essere liberi bisogna fare solo ciò che si vuole, ma la verità è che quando pensiamo di fare qualcosa perché la vogliamo, non ci accorgiamo che la nostra volontà molto spesso è condizionata da molte cose, e pensa di essere libera ma libera non è. Solo lo Spirito ci mette nelle condizioni di essere davvero liberi e di farci fare ciò che più ci realizza.
Se Simeone non si fosse fatto guidare dallo Spirito non avrebbe visto con i suoi occhi la salvezza. Sarebbe bello se ognuno di noi si domandasse cosa lo muove, e se riesce a discernere quando è lo Spirito a sospingerci verso qualcosa e così assecondarlo.