AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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“C’era un uomo che aveva una mano inaridita”. È così che inizia la scena del Vangelo di oggi. In realtà il soggetto principale dovrebbe essere quest’uomo, il suo volto, la sua sofferenza, il suo bisogno di essere preso a cuore, ma tutto si sposta su Gesù in una maniera malata: “e lo osservavano (Gesù) per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo”.
Sembra che la priorità della gente presente non sia la sofferenza di quell’uomo in difficoltà, ma il bisogno di trovare valide ragioni per avere ragione. Capita spesso anche a noi di perdere di vista ciò che conta perché siamo preoccupati non tanto a cercare la verità ma a trovare un modo per avere ragione. Avere ragione e vivere per una cosa vera non sempre coincidono.
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È Gesù che deve compiere un gesto forte per ristabilire il centro scenico vero di quello che sta accadendo: “Egli disse all’uomo che aveva la mano inaridita: «Mettiti nel mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». Ma essi tacevano”. In realtà la domanda è semplice: è più importante la sofferenza di quest’uomo o il fatto che oggi è sabato?
Amare significa ricordarsi che le persone valgono sempre quell’eccezione che conferma e non annulla la regola. L’amore è sempre una questione di eccezione e non di semplice applicazione di una giustizia.
Un figlio vuole essere amato non per giustizia distributiva (uguale a tutti), ma di amore preferenziale, come se fosse l’unico, come se avesse diritto a un’eccezione. Ma certe finezze non le possono comprendere quelli che pensano che basta dosare bene gli ingredienti per far venire fuori una torta buona. Cucinare è un’arte non una tecnica. Esige cuore non solo giuste misurazioni. E solo il cuore sa ciò che serve essenzialmente affinché la torta riesca. Solo il cuore intuisce ciò che conta:
“E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata”.
Commento del 2018 – Dopo il video, un nuovo commento
La scena descritta dal Vangelo di Marco di oggi rende bene l’errore di prospettiva di coloro che non accolgono i messaggio di Gesù: “Entrò di nuovo nella sinagoga. C’era un uomo che aveva una mano inaridita, e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo”. Gli occhi di tutti non sono rivolti a quell’uomo che soffre, ma sono rivolti a Gesù per coglierlo in fallo.
È lo stesso sguardo che certe volte abbiamo anche noi con la gente che ci è accanto. Siamo pronti a sottolineare i loro errori, le loro incoerenze, le loro mancanze, ma non abbiamo occhi per vedere la loro sofferenza, il loro dolore, la loro fatica. E così rimaniamo tagliati fuori dalla logica di Cristo che è invece sempre una logica che mette al centro la sofferenza della gente: “Egli disse all’uomo che aveva la mano inaridita: «Mettiti nel mezzo!».
Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata”. Ogni volta che giudichiamo un fratello e una sorella dovemmo sentirci addosso lo sguardo sdegnato di Gesù.
E anche se abbiamo validi motivi per cui guardare in cagnesco questa gente, dobbiamo ricordarci che Gesù ci chiede uno sguardo altro, capace di saper leggere il dolore che può nascondersi dietro un difetto, una cattiveria, una carattere difficile. Non sempre riusciamo a cambiare queste persone, ma il Signore non ci ha chiesto di cambiarle ma di imparare ad amarle comunque, e a volte l’unico atto di amore che possiamo fare nei loro confronti è cercare di non giudicarle con asprezza.