“In giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe. I farisei gli dissero: «Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?»”.
Certi brani del Vangelo sono rivoluzionari ed è per questo che sono pericolosi. Infatti una rivoluzione può cominciare con il piede giusto e finire con quello sbagliato. Ciò che Gesù sta cercando di inculcare agli scribi e ai farisei è che la potenza della Legge, del sabato, delle pratiche di Israele stanno nella loro capacità pedagogica di educare alla libertà e non nel sostituirsi ad essa.
Infatti c’è un uso della Legge, del sabato e della tradizione che serve a toglierci dall’imbarazzo di essere liberi, mentre, ad esempio, il sabato è istituito da Dio per ricordare a ciascuno di noi che siamo liberi. Ed è tanto vera questa libertà che almeno un giorno alla settimana noi non siamo sotto la dittatura del fare. Ma se questa intenzione di fondo viene dimenticata, anche il sabato può trasformarsi nell’ennesima cosa oppressiva che popola la nostra vita.
Anzi, è forse questo il rigetto della religione che si ha nel nostro tempo: abbiamo trasmesso una fede fatta di precetti, di regole, di moralismi offuscando completamente la luce e il messaggio di fondo del Vangelo che è fatto di gioia e di libertà. Ma è anche vero che a volte in nome della gioia e della libertà si butta a mare tutto trasformando Gesù non più nel Messia ma in una versione caricaturale di qualche guru profumato di autorealizzazione e benessere.
La verità è che Gesù vuole restituire il sabato al suo vero significato donando un gusto diverso a chi già l’osserva e donando un’opportunità a chi se l’è perso per strada. Se vuoi essere felice devi imparare a tenere una direzione, ma ricordati che non basta mantenere una direzione per essere felici. È in questo doppio limite che si mantiene un sano realismo cristiano. Solo così la rivoluzione del Vangelo non diventa tragedia ma vero cambiamento.
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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