Essere bambini all’epoca di Gesà significava essere ultimi. L’idea che nella nostra epoca abbiamo delle “fasce deboli” era assente per la cultura semitica. Non era la tenerezza, ma il disprezzo e il fastidio che li accompagnava. Tuttora, seppur abbiamo fatto molti passi in avanti, in molte parti del mondo i bambini sono sfruttati e maltrattati. Ecco perché colpisce ciò che Gesù dice:
“«Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là”.
Gesù si fa prossimo ai bambini per due motivi. Innanzitutto per il loro essere ultimi. Infatti il Vangelo è predicato soprattutto agli ultimi, a chi cioè è scartato dalle logiche del mondo. I poveri, gli esclusi sono i primi destinatari della Buona Novella.
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Il secondo motivo per cui Gesù si fa prossimo ai bambini è perché essi godono della postura esistenziale più giusta per capire la logica del regno. Un bambino non ragiona con la logica predatoria degli adulti. I bambini sono più disposti degli altri a lasciarsi stupire, ad ascoltare, a fidarsi.
La loro semplicità gli fa cogliere l’essenziale. Crescendo i nostri ragionamenti cominciano a diventare complessi e rispecchiano molto spesso l’attitudine che abbiamo a incartarci perdendo di vista ciò che conta. Un bambino è senza filtri e chiama le cose per nome. Un adulto gioca di furbizia e alla fine diventa così bravo da ingannare persino se stesso.
Insomma Gesù dice che siamo noi a doverci mettere alla scuola dei bambini prima ancora che essi frequentino la nostra scuola. Noi possiamo insegnar loro nozioni giuste ma loro possono ricordare a noi in che modo giusto bisogna vivere la vita. Infine c’è un’ultima cosa da sottolineare: se Gesù è così spudoratamente schierato dalla parte dei piccoli, attenti a far loro del male perché ci si potrebbe trovare contro Dio stesso.
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Chi tocca un bambino tocca una terra sacra, non una terra di nessuno.
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✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 19,13-15
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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