Il cieco del Vangelo di oggi è il grande esempio di un percorso che tappa dopo tappa ci conduce al Signore.
Innanzitutto il punto di partenza è la condizione di cecità che nasce dalla mancanza dell’incontro con Cristo, cioè dalla mancanza dell’incontro con un senso che riempie la vita di significato. Finchè l’uomo non incontra qualcosa che rende significativa la propria vita è come se vivesse al buio.
Bene lo sanno coloro che a un certo punto incontrano un amore, o una passione che ridesta in loro la vita stessa: quell’incontro riempie la loro vita di una luce che prima non c’era. Ma Cristo arriva attraverso la mediazione degli altri:
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“Sentendo passare la gente, (il cieco) domandò che cosa accadesse. Gli risposero: «Passa Gesù il Nazareno!»”.
La Chiesa dovrebbe far questo, dovrebbe annunciare a chi ancora manca di luce il passaggio di Gesù. È lì che scatta in quell’uomo il desiderio di pregare, e la sua preghiera è autentica perché è un grido che gli sgorga dal cuore:
“Allora incominciò a gridare: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!»”. Quella stessa folla (la Chiesa) che gli aveva annunciato Cristo, comincia a rimproverarlo: “Quelli che camminavano avanti lo sgridavano, perché tacesse; ma lui continuava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!»”.
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È sempre attuale la tentazione di trasformarci da una Chiesa che annuncia a una Chiesa che impedisce l’incontro. Ma Gesù è più forte anche della folla che gli intima di tacere e chiama a sé quell’uomo. Ecco allora che l’incontro che era nato attraverso la mediazione degli altri, diventa un incontro personale. Tutti abbiamo bisogno di entrare in un rapporto personale con Cristo:
“Quando gli fu vicino, gli domandò: «Che vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io riabbia la vista». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato»”.
Ecco allora che tutto si compie e il buio cede spazio alla luce.
Autore: don Luigi Maria Epicoco
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