Del Vangelo non bisogna ignorare mai nessun dettaglio, specialmente quando hanno a che fare con la geografia dei luoghi dove Gesù si reca:
“Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire”.
Cana è il luogo del primo miracolo. È il miracolo della gioia salvata in extremis grazie proprio ad un intervento di Gesù. Ancora una volta in questo luogo c’è una situazione estrema: un uomo ha un figlio in fin di vita, non c’è più tempo, e Gesù è l’unico che può fare qualcosa. La preghiera di questo padre viene esaudita ma la professione di fede che Gesù domanda a quest’uomo è davvero unica nel suo genere:
“Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino”.
La risposta di quest’uomo è unica: crede a Gesù non inseguito al miracolo, ma crede a Gesù senza ancora aver visto il miracolo della guarigione del figlio. Sembra che il Vangelo voglia suggerirci che l’atteggiamento vero della fede non è vedere un segno per poi credere, ma credere in assenza di segni fino al punto in cui quella fiducia rende visibile anche il segno:
“Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia”.
Il risultato è una sovrabbondanza di conversione. Se infatti all’inizio è solo lui capace di una fede senza segni, alla fine del miracolo tutta la sua famiglia si converte. È bello pensare che l’atto singolo di fede di uno di noi alla fine diventa l’inizio della conversione degli altri.
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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