Nel Vangelo di oggi non riesco a distogliere lo sguardo dalla stretta di mano che Gesù dà al cieco:
“gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo. Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio”.
Io credo che se avessimo la consapevolezza che Gesù ci prende per mano e ci conduce, non gli chiederemmo più nulla. Si possono affrontare tutti i problemi del mondo se sai che Lui ti tiene la mano. Non è più nemmeno importante recuperare la vista, risolvere le questioni, cadere in piedi, perché la sola Sua presenza rende sopportabile tutto.
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Ma il Vangelo aggiunge che Gesù non si limita solo ad essere presente così, ma quella presenza è come un cammino, un percorso di guarigione. Forse proprio per questo il cieco è guarito in due fasi e non in una perché ognuno di noi ha bisogno di gradualità per abituarsi alla luce:
“dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quegli, alzando gli occhi, disse: «Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa”.
Troppe volte vediamo solo ciò che ci sta davanti agli occhi, avere fede significa imparare a vedere le cose con una profondità diversa, con una distanza diversa. E quando le cose acquistano profondità diventando anche significative.
Commento al brano del Vangelo di: Mc 8, 22-26
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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