AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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FONTE: Amen – La Parola che salva – ABBONATI A 12 MESI (12 NUMERI) A 34,90€
Essere bambini all’epoca di Gesà significava essere ultimi. L’idea che nella nostra epoca abbiamo delle “fasce deboli” era assente per la cultura semitica. Non era la tenerezza, ma il disprezzo e il fastidio che li accompagnava. Tuttora, seppur abbiamo fatto molti passi in avanti, in molte parti del mondo i bambini sono sfruttati e maltrattati. Ecco perché colpisce ciò che Gesù dice:
“«Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là”.
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Gesù si fa prossimo ai bambini per due motivi. Innanzitutto per il loro essere ultimi. Infatti il Vangelo è predicato soprattutto agli ultimi, a chi cioè è scartato dalle logiche del mondo. I poveri, gli esclusi sono i primi destinatari della Buona Novella. Il secondo motivo per cui Gesù si fa prossimo ai bambini è perché essi godono della postura esistenziale più giusta per capire la logica del regno. Un bambino non ragiona con la logica predatoria degli adulti.
I bambini sono più disposti degli altri a lasciarsi stupire, ad ascoltare, a fidarsi. La loro semplicità gli fa cogliere l’essenziale. Crescendo i nostri ragionamenti cominciano a diventare complessi e rispecchiano molto spesso l’attitudine che abbiamo a incartarci perdendo di vista ciò che conta.
Un bambino è senza filtri e chiama le cose per nome. Un adulto gioca di furbizia e alla fine diventa così bravo da ingannare persino se stesso. Insomma Gesù dice che siamo noi a doverci mettere alla scuola dei bambini prima ancora che essi frequentino la nostra scuola. Noi possiamo insegnar loro nozioni giuste ma loro possono ricordare a noi in che modo giusto bisogna vivere la vita.
Infine c’è un’ultima cosa da sottolineare: se Gesù è così spudoratamente schierato dalla parte dei piccoli, attenti a far loro del male perché ci si potrebbe trovare contro Dio stesso. Chi tocca un bambino tocca una terra sacra, non una terra di nessuno.