“Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola”.
La fama che gli ha procurato il lebbroso guarito diventa evidente in questo episodio raccontato dal Vangelo di oggi in cui la sola informazione che Gesù è in casa ha come conseguenza un assembramento talmente numeroso che non c’è più possibilità di passare per entrare in casa. In questa situazione di impossibilità chi ne fa le spese è soprattutto chi è meno fortunato, chi non ha potuto correre, chi non è riuscito a farsi spazio, ad arrivare per primo. Ecco perché l’arrivo di un paralitico è accompagnato dalla constatazione che non c’è strada che conduca a Gesù. Eppure gli amici che accompagnano quest’uomo non si lasciano scoraggiare e trovano un ingegnoso modo di aggirare l’ostacolo:
“Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico”.
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Plasticamente il Vangelo di oggi ci spiega in che modo la Chiesa deve riformarsi per rendere ancora efficace l’incontro con Cristo: essa non deve minare la basi, ma aprire varchi nel tetto, cioè per poter essere efficace non deve rinunciare alla radicalità del Vangelo ma ai contenitori in cui è abituata ad operare. Se infatti fino a non molti decenni fa la società si costruiva attorno a una piazza, a un campanile, ad una fontana, a una Chiesa, oggi questo concetto di comunità non esiste più.
Non esiste più il tetto della parrocchia tradizionale a garantirci che c’è abbastanza spazio per l’incontro con Cristo. Dobbiamo allora avere il coraggio di aprire strade e varchi nuovi nelle esperienze tradizionali che viviamo, e allo stesso tempo dobbiamo allontanare da noi la tentazione di pensare che la gente la si avvicina rendendo il Vangelo meno Vangelo. Gesù scandalizza i presenti e anche la Chiesa non deve aver paura di fare questo.
Sarà così “salda” e “creativa”.
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