“Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”.
Sono passati duemila anni da quando Gesù ha pronunciato queste parole, eppure sono di un’attualità estrema. Infatti sembrano descrivere l’indifferentismo che caratterizza la nostra cultura contemporanea. In pratica qualunque cosa si decida di fare ci si ritrova solo e soltanto davanti a lamentele, critiche, e contestazioni.
Il più delle volte chi critica lo fa in modo da avere una scusa per non fare qualcosa in prima persona. È sempre meglio puntare il dito che rimboccarsi le maniche, ma anche se questo è chiaro a tutti, continuiamo a vivere con un’apatia diffusa. Il problema non è nemmeno il modo, perché chi in fondo non vuole mettersi in gioco trova sempre un modo per non farlo: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio.
È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere” Si può essere sobri come Giovanni e finiranno per dire che sei troppo strano. Si può essere relazionali come Gesù e finiranno per leggere tutto questo con ambiguità. Il Vangelo di oggi ci invita a cambiare il mondo ma non a partire dagli altri ma da noi stessi.
Siamo noi quei bambini che non si lasciano coinvolgere. Siamo noi quell’umanità che pensa che con l’accidia gli andrà sempre bene. il problema serio che ci pone la pagina del vangelo di oggi è: in che modo stiamo per accogliere il Figlio di Dio che viene nel mondo? Non dobbiamo dimenticare che siamo così liberi da poterci rivestire di indifferenza e non lasciarci sfiorare minimamente dalla Sua venuta.
È Gesù che fa la differenza nella vita, ma è una differenza che deve essere accolta da noi. Gesù è la differenza che deve bandire una volta per tutte la nostra indifferenza.
Non ascoltano né Giovanni né il Figlio dell’uomo.Commento di don Luigi Maria Epicoco.