Quando un padre o una madre pregano per i propri figli, la preghiera si fa sempre accorata, drammatica, seria. È terribile amare qualcuno e non poter far nulla, specie quando quel qualcuno lo consideri più importante della tua stessa vita. il Vangelo di oggi ci racconta la preghiera di un padre così:
“Si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo».”
La preghiera che nasce da chi ama e soffre proprio perché ama, è preghiera che credo arrivi a Dio con una dirittura prioritaria assoluta. Ecco perché quando una preghiera simile non viene esaudita, anche la fede vacilla, perché rimane incomprensibile come sia possibile rimanere indifferenti davanti a una richiesta simile.
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Ma il mistero della sofferenza è appunto un mistero, qualcosa cioè che non riusciamo a comprendere fino in fondo. Dio ci chiede di vincere questo mistero fidandoci, e non tirando conclusioni con ragionamenti affrettati. Il fatto del Vangelo di oggi è proprio una mancata guarigione:
“non hanno potuto guarirlo”.
Allora Gesù si fa portare quel ragazzo e lo esorcizza Egli stesso davanti a tutti. La cosa però che preme ai discepoli è perché loro non ci sono riusciti:
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“Ed egli rispose loro: «Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile». Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno»”.
“Per la vostra poca fede”, è una sentenza che dovrebbe farci riflettere molto. L’errore dei discepoli non è tecnico. Non hanno sbagliato rituale, o parole, o gesti, o intenzioni, ma ciò che dà valore a tutto è l’avere o non avere fede. La fede vera consiste nel credere più in Gesù che nelle nostre forze o nelle nostre capacità.
“Da quel momento il ragazzo fu guarito”.
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“Si avvicinò a Gesù un uomo che, gettatosi in ginocchio, gli disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio. Egli è epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e spesso anche nell’acqua; l’ho già portato dai tuoi discepoli, ma non hanno potuto guarirlo»”. Tante cose colpiscono in questa richiesta di preghiera. La prima è la postura di quest’uomo: “gettatosi in ginocchio disse…”; solo quando la preghiera diventa una supplica che ci coinvolge nella totalità di noi stessi allora è davvero preghiera. Molte delle nostre preghiere sono rumori di parole, ma senza cuore, senza convinzione, senza la grande consapevolezza che davanti a Gesù siamo come mendicanti, siamo nella stessa posizione di questo padre disperato. […] Continua a leggere qui.
✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 17,14-19
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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