«Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?».
Sembra così meschina la domanda di Pietro del Vangelo di oggi ma in realtà è una domanda seria e carica di senso perché lasciare qualcosa inevitabilmente ci fa fare l’esperienza del vuoto, della mancanza, della precarietà. Noi appoggiamo la nostra vita molto spesso su ciò che abbiamo, e quando molliamo qualcosa del verbo avere, questo non è mai indolore.
Pietro sta domandando “che cosa ne faremo della mancanza che si è creata in noi per aver lasciato molte cose?”. Gesù risponde che la contropartita è straordinaria: è riavere quelle stesse cose in una modalità centuplicata:
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“Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”.
Cosa significa questo in termini esistenziali? Significa che se tu possiedi qualcosa in maniera malata allora non godi veramente di quella cosa. Ma se decidi di liberarti da quel possesso malato allora quella stessa cosa la riavrai finalmente in una modalità che te ne farà godere appieno.
Gesù ci chiede un lavoro sul “possesso” per farci sperimentare una vita libera, non più succube delle rassicurazioni ma messa in grado di sentire il gusto di ogni cosa. In questo senso una libertà simile centuplica la vita.
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✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 19,27-29
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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