Il Vangelo del lunedì Santo inizia con il racconto di una cena. Sei giorni prima della Pasqua Gesù è invitato a casa di Marta, Maria e Lazzaro. È una cena di amici, perché questi tre fratelli sono tra gli amici più cari di Gesù. Mancano pochi giorni alle ore della Passione e Maria compie un gesto scandalosamente bello:
“Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo”.
Non si riportano discorsi, ma gesti, forse a suggerirci che l’amore è sempre un fatto concreto, non una discussione. L’Amore è l’infinita tenerezza con cui Maria unge Gesù. È una tenerezza da spreco, è inutile agli occhi di Giuda che con una logica tutta umana dice:
“Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?”.
Quante volte le medesime parole le ripetiamo noi o le sentiamo scagliate contro la Chiesa. Parole che sono umanamente comprensibili ma troppo miopi per capire l’amore. Esso è sempre uno spreco, perché chi ama non calcola ma dà tutto. Solo chi ama così i piedi di Cristo è in grado di amare bene i poveri.
Diversamente si convincerà che i poveri sono solo folle da sfamare, non persone da amare, di cui il pane ne è solo una modalità, ma solo una. E chi ragiona così solitamente conclude dicendo che le suore di clausura sono uno spreco mentre quelle missionarie sono utilissime. Così pensiamo che il verbo “fare” sia superiore al verbo “essere”, ma è esattamente il contrario. Bisogna “essere” amore più che semplicemente “fare” amore.
In verità l’immensa lezione che si consuma pochi giorni prima della Pasqua in casa di Marta, Maria e Lazzaro, è la prefigurazione di quello “spreco” che sarà la morte di Gesù in croce. È Lui il vasetto pieno del buon profumo dell’Amore del Padre che rotto nella morte spargerà per tutto il mondo e per tutta la storia il profumo della Misericordia di Dio. È lo spreco della gratuità.
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Il lunedì santo inizia in un luogo significativo: Betania. È il villaggio dove si trovava la casa di Marta, Maria e Lazzaro, gli amici di Gesù. Sembra che il Vangelo voglia suggerirci che le ore della passione possono iniziare solo a partire dalla forza dell’abbraccio degli amici. Dovrebbe farci riflettere molto sapere che Gesù aveva amici, e si faceva bisognoso di essi.
Il Vangelo di Giovanni ci suggerisce che quest’amicizia non è mera comitiva, ma qualcosa che cambia la vita a tutti. Marta è meno compulsiva nel suo fare, Maria più coraggiosa nel suo amore, Lazzaro meno morto del solito. Può farci sorridere ma è esattamente la conversione che tocca tutte e tre questi fratelli: “Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali.
Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento”. L’amicizia è un bene gratuito (e per questo incomprensibile alla mentalità utilitaristica di Giuda) che ha come scopo quello di farci diventare sempre più noi stessi.
Gesù si appropria in maniera definitiva della sua missione passando dalla casa di questi amici. Non c’è Pasqua senza amici così.