«Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Sarebbe interessante capire in che senso i Giudei del vangelo di oggi intendano certezza e chiarezza. Se per avere una certezza o ricercare la chiarezza vogliono qualcosa che spenga completamente le loro domande, allora rimarranno delusi, perché Dio sa rispondere alle nostre domande senza cancellarle. È questo per la Sua capacità di lasciarci liberi e di fidarsi della nostra capacità di discernimento:
“Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore»”.
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Ecco allora svelato il segreto: il vero discernimento ci viene dall’essere suoi. Solo quando sentiamo un forte senso di appartenenza a Gesù allora riusciamo anche a capire in mezzo alla confusione della vita ciò che è certo e affidabile da ciò che non lo è:
“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre”.
Sarebbe bello domandarci in che modo noi sentiamo questo senso di appartenenza nei confronti di Gesù. E soprattutto se ci è chiaro che la nostra chiamata è vivere la nostra relazione con Cristo esattamente come Egli vive la Sua relazione con il Padre.
“Io e il Padre siamo una cosa sola”.
Solo quando ci faremo una cosa sola con Cristo allora non avremo più bisogno di essere rassicurati e di trovare certezze alla maniera dei Giudei, perché ciò che conta lo avremo non come spiegazione, ne come emozione, ma come relazione su cui fondare tutta la nostra vita. Infatti Gesù sulla Croce non ha un’idea geniale che lo sostiene, ne tanto meno un apparato emotivo che lo motiva, sente invece la lontananza da Dio. Eppure contro ogni ragionamento ed emozione Egli non rompe il Suo rapporto con il Padre.
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«Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». La domanda così diretta che i Giudei rivolgono a Gesù nel Vangelo di oggi non lascia scampo alla risposta. Ma il problema vero non è la risposta chiara che Gesù dà alla loro domanda, ma alla capacità o meno che chi lo ascolta ha nell’accettarla o meno. Infatti un detto popolare dice che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire: “Ve l’ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; ma voi non credete, perché non siete mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”. […] Continua a leggere il commento di don Luigi nella sua pagina Facebook.