“Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?”.
Se una pecora è solo una pecora, non credo che valga la pena mettersi a cercarla. Ma se un pastore ama le sue pecore allora ogni sua pecora è unica. L’amore rende ogni cosa unica e fa si che tutto quello che riguarda me non può essere messo in paragone con gli altri. Noi non siamo amati di un amore che fa statistica.
Noi siamo amati di un amore che ci considera unici, irripetibili. Siamo amati di un amore che non si arrende davanti al nostro perderci, che ci viene a cercare, che non smette di farlo finché non ci ha ritrovati. Gesù nel Vangelo di oggi ci dice che Dio non è “un motore immobile” come lo definiva Aristotele. Il nostro è un Dio che rinuncia alla sua “immobilità ” perché egli è il moto stesso dell’amore. Se noi lo stiamo cercando, lui ci sta cercando di più. E questo per un motivo che nessuno può davvero comprendere se non ha sperimentato l’amore:
“Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite”.
È la gioia il motivo vero dell’amore. Chi ama ha trovato gioia. Dio ci ama e prova infinita gioia nell’amarci, nel cercarci, nel trovarci. Il suo non è un amore impassibile. Il suo è un amore che si compromette fino alle estreme conseguenze, fino a morire per noi. Si è cristiani quando si fa continuamente memoria di questo amore, quando ci si lascia evangelizzare da questo amore, quando ci si ricorda che possiamo esserci andati a mettere nella situazione più sbagliata e contraddittoria al mondo, ma che Lui non si arrenderà mai nel venirci a cercare e a prenderci.
E tutto questo perché ci ama, ed è felice di amarci, ed è felice di dover attraversare mille difficoltà pur di riprenderci. “Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli”. Questo è il motivo per cui manda Suo Figlio a cercarci.
Commento di don Luigi Maria Epicoco.