Nel cuore dell’anno, che per volontà di papa Francesco è dedicato a san Giuseppe, celebriamo oggi una delle date significative che lo riguardano: san Giuseppe lavoratore. Se l’istituzione di questa festa è relativamente recente, non lo è affatto questo dettaglio registrato dal Vangelo di Matteo, e cioè che Gesù per i suoi contemporanei è “il figlio del falegname”:
<< Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose? “. Ed era per loro motivo di scandalo>>.
Sembra paradossale come “la normalità ” di Gesù risultasse motivo di scandalo, ma in fondo forse lo è anche per noi. Dalla fede ci aspettiamo spesso qualche effetto speciale. La fede è tale quando si incontrano segni straordinari, miracoli, sospensioni delle regole della fisica, della natura, o incontrovertibili prove dell’esistenza di un mondo altro oltre questo. Ma questo tipo di fede nel sensazionale è totalmente lontano da quello che ci ha insegnato Gesù nel Vangelo.
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Infatti, ognuno di noi pur sapendo che è chiamato alla santità , ha come P impressione che questa cosa sia fattibile solo in circostanze estreme e con mezzi straordinari. La figura di Giuseppe e il Vangelo di oggi ci dicono invece che la più scandalosa normalità della nostra vita è il luogo dove Gesù si nasconde. In questo modo la routine del nostro lavoro, l’abitudine ai nostri familiari, la compagnia delle stesse circostanze non deve farci venir voglia di evasione, ma bensì di rivelazione.
Dobbiamo domandare che il Signore si riveli proprio in questa benedetta e difficile normalità che abitiamo. Solo così vedremo la grazia di Dio all’opera, e ciò che per altri è banale per noi diventerà materia di stupore e di santità . In questo senso i piatti da lavare, i compiti da fare, i turni del nostro lavoro saranno occasione di incontro con Dio e non semplice dovere quotidiano.
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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