“La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo”.
La suggestiva immagine che Gesù usa per spiegare il significato del dolore dei discepoli, illumina, per quanto possibile, l’insondabile abisso che si spalanca davanti a noi nell’ora del dolore. Infatti paragonando il dolore dei discepoli a quello di una madre che sta per partorire, Gesù collega la sofferenza a un motivo che non soltanto fa valere la pena di quel dolore, ma che diventa esso stesso il modo attraverso cui superarlo. Infatti un dolore è insopportabile quando lo percepiamo senza motivo.
È il motivo che ci fa reggere anche la fatica di qualcosa. Quando noi perdiamo il senso ogni cosa diventa assurda e quindi invivibile, insopportabile. Il dolore di una madre che partorisce non è mai dolore assurdo, ma è dolore carico di significato, e questo significato viene dal figlio stesso. Potremmo quasi dire che una madre affronta quel dolore “per amore” del figlio. Nella nostra vita a volte manca il “per amore” per cui le cose non scadano nell’assurdo e quindi nell’insopportabile.
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La venuta di Gesù è quell’evento che ci dà un “per amore” per cui non far diventare mai la vita insopportabile. Infatti non di rado siamo costretti a vivere cose che ci appaiono come vuote, prive di senso, assurde: la morte di un figlio, la perdita di un lavoro, l’esperienza amara di un tradimento, l’esperienza del fallimento. Gesù riempie di significato queste cose non perché le spiega o perché le giustifica, ma perché ci dice ‘vivi e affronta questo “per amore” mio, e io ti prometto che queste cose non saranno l’ultima parola’.
È qui che comincia o cade il cristianesimo. Infatti potremmo dire che è tutta un’invenzione per farci piacere ciò che non ci piace, o che è tutto vero fino al punto che tutto sia davvero possibile. Chi ha fede scommette su questa speranza. Senza questa scommessa è già tutto perduto.
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Tra le immagini più belle che Gesù usa nel Vangelo, quella usata nel brano di oggi è tra le mie preferite forse perché ha un’efficacia di resa straordinaria: “La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo”. La vita molto spesso è fatta da cose faticose e dolorose, ma possiamo sopportare tutto questo non perché ne abbiamo le forze, o perché siamo allenati a incassare, ma solo perché c’è una gioia successiva che rende possibile anche il momento della prova. […] Continua a leggere qui.
Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 16,20-23
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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