La liturgia di questi giorni ci preparara un po’ alla volta alla grande festa dell’Ascensione. Paradossalmente questa festa ha il suo cuore nell’assenza, perché è il giorno in cui si commemora la partenza di Cristo, o per lo meno il cambiamento di modalità di esserci. Ecco perché nel Vangelo di Giovanni Gesù prende di petto la questione senza girarci troppo intorno:
“Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi”.
Gesù dice apertamente che è un bene che Egli se ne vada. Esistenzialmente l’assenza di Gesù coincide con il vuoto. Tutti siamo spaventati dal vuoto, e ne siamo così tanto condizionati che molto spesso passiamo la nostra vita tentando di colmarlo con qualunque cosa. Gesù sembra voler dire che esiste un lato positivo del vuoto, della mancanza, dell’assenza, e questo lato positivo sta nel fatto che nel vuoto, nella mancanza, nell’assenza c’è uno spazio adatto a poter ospitare lo Spirito Santo.
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Infatti quando noi riempiamo i vuoti solitamente lo facciamo in maniera sbagliata, e molto spesso sfociamo in una forma di peccato. Quando abbiamo l’umiltà di riconciliarci con le nostre mancanze allora paradossalmente quella nostra debolezza, quella nostra fragilità diventa il nostro punto di forza, diventa appunto il luogo dove si manifesta la Grazia di Dio. Ma Gesù continua dicendo che le tre cose che fondamentalmente fa lo Spirito sono:
“dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato”.
Il vero peccato è non credere al fatto che Gesù è il Figlio del Padre e ci ha resi tutti fratelli. Lo Spirito mostrerà questa verità.
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“Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò”. Le parole che Gesù pronuncia nel Vangelo di oggi procurano sofferenza ai suoi discepoli. Essi lo amano e proprio per questo non accettano di separarsene. Non vorremmo mai perdere chi amiamo. Ma chi ci ama davvero sa che delle volte la prova vera dell’amore la si vede nella capacità di distaccarsi, di lasciare che l’altro cresca, prenda la propria strada, cammini con le proprie gambe. Ad esempio se un genitore ad un certo punto non sa farsi da parte nella vita del figlio, allora un tale amore impedirà a quel figlio di crescere, di diventare adulto, di prendersi le proprie responsabilità, di imparare a fare tesoro di ciò che ha imparato. L’assenza non è sempre abbandono, a volte è una dichiarazione di fiducia. […] Continua a leggere qui.
Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 16,5-11
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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