don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo di domenica 10 Novembre 2019

Dio non è dei morti, ma dei viventi!

Siamo ormai vicini al termine dell’anno liturgico e la liturgia ci sollecita a pensare alla realtà ultima, all’aldilà. Alcuni apertamente dicono che l’aldilà non esiste: se realmente l’aldilà non esiste, allora la vita è frutto del caso; la virtù è una fatica inutile; lo scopo della vita è godere più che si può; uccidere o uccidersi non fa più problema; la vita non ha più senso. Per noi cristiani tutto questo è accettabile? Certamente no! Noi crediamo nell’esistenza della vita eterna e questa nostra scelta dà fastidio a chi non crede perché la “verità” dà fastidio alla “menzogna”.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato che «sette fratelli, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite». Ebbene, questi giovani non cedono alle torture, anzi, sono pronti a dare la vita per il loro Signore: «Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri» perché il Signore, «il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna […] È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati». Nel salmo responsoriale abbiamo ripetuto: «Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto». I nostri morti, coloro che si sono addormentati in Cristo, tutti i defunti dei quali solo Dio ha conosciuto la fede, si saziano nella contemplazione del volto luminoso di Dio e dell’Agnello, che è «la risurrezione e la vita» (cf Gv 11, 25), il primogenito dei morti e dei risorti (cf Ap, 1, 5, Col 1, 18).

Nel brano del vangelo Gesù ci presenta la risurrezione dei morti come frutto dell’alleanza di Dio con gli uomini. L’evangelista Luca scrive che dopo il suo ingresso messianico a Gerusalemme, Gesù si reca al tempio. Qui i rappresentanti dei vari gruppi religiosi di Israele, sempre più irritati dalla sua autorevolezza e decisi a «farlo morire» (cf Lc 19, 47), lo interpellano su varie questioni per coglierlo in fallo. Un gruppo di sadducei, che sulla base di un’interpretazione letteralistica della Legge di Dio, la Torah, «negano che vi sia la risurrezione», pongono a Gesù un quesito volto a mettere in ridicolo la posizione di quanti credono alla risurrezione. Gli dicono, citando la cosiddetta «legge del levirato» (cf Dt 25, 5-6): quando un uomo muore senza aver lasciato discendenza, la vedova deve sposarne il fratello in modo da dargli un figlio che prenda il nome del fratello morto e non lasci estinguere il suo nome in Israele. Orbene, stravolgendo questa norma finalizzata alla vita, i sadducei creano ad arte il caso grottesco di sette fratelli che muoiono senza lasciare figli, dopo aver sposato in successione la stessa donna: nella risurrezione, di quale dei sette essa sarà moglie? La risposta di Gesù non si fa attendere: egli afferma innanzitutto che la sessualità è transitoria in quanto appartiene alla condizione terrestre degli esseri umani. Questo mondo, vuol far capire Gesù ai sadducei, è provvisorio, dove tutto ha breve durata. La vita eterna, invece, è un’altra cosa e il matrimonio stesso non ci sarà più, perché appartiene a questa fase della storia umana. Non è dunque la procreazione che garantisce la vita eterna, ma la potenza di Dio: questo significa che gli uomini saranno «uguali agli angeli e figli della risurrezione», in una comunione finalmente piena con Dio nel Regno.

Gesù, inoltre, ricollegandosi alla storia dei patriarchi afferma: «Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Ciò significa che l’alleanza che Dio stringe è eterna e non può trovare ostacoli alla morte: Dio non ci ama per il breve spazio della nostra esistenza terrena, egli ci ha amati da sempre e ci ama e ci amerà per sempre.

Ebbene sì, credere nella risurrezione è «credere all’amore» (cf 1Gv 4, 16), l’amore vissuto da Gesù, l’amore che porterà noi tutti a risorgere con lui per la vita eterna.

Letture della
XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Il re dell’universo ci risusciterà a vita nuova ed eterna.

Dal secondo libro dei Maccabèi
2 Mac 7,1-2.9-14

 
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.
 
Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri».
 
[E il secondo,] giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».
 
Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.
 
Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Sal 16 (17)
R. Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.

Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno. R.
 
Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole, R.
 
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. R.

Seconda Lettura

Il Signore vi confermi in ogni opera e parola di bene.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
2 Ts 2,16 – 3,5

 
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
 
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
 
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

Parola di Dio

Vangelo

Dio non è dei morti, ma dei viventi.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 20, 27-38

 
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
 
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Parola del Signore

Oppure forma breve Lc 20,27.34-38
Dio non è dei morti, ma dei viventi.
Dal Vangelo secondo Luca
 
In quel tempo, disse Gesù ad alcuni sadducèi, i quali dicono che non c’è risurrezione:
 
«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.
 
Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Parola del Signore

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