Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.
La liturgia del Venerdì Santo si svolge in tre momenti: liturgia della Parola, adorazione della Croce, Comunione eucaristica. Il sacerdote, recandosi all’altare, fa la debita riverenza, e poi si prostra a terra o si inginocchia. Qual è il significato di questo gesto? Prostrarsi o inginocchiarsi ci ricorda il Signore Gesù che, per l’angoscia, si prostra nell’orto degli ulivi. Nella prima lettura il profeta Isaia parla del servo di IHWH come di qualcuno che avrà successo, che sarà onorato, innalzato. Lo stupore per la sua vittoria supererà infinitamente tutto il male che l’uomo ha programmato di riversargli addosso.
Questo servo, però, prima di avere successo, di essere onorato, esaltato e innalzato, dovrà soffrire. Il profeta, infatti, scrive: «Disprezzato e reietto dagli uomini […], egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori […]. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. […] Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca». Il servo del Signore, che noi cristiani identifichiamo con il Cristo Signore è, dunque, l’Agnello che ha preso su di sé il peccato del mondo; che nell’orto degli ulivi si è rivolto al Padre dicendo: «[…] non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (cf Lc 22, 42); colui che «umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (cf Fil 2, 8).
Nella liturgia del Venerdì Santo, infatti, meditiamo il mistero della morte di Cristo e adoriamo la Croce. Negli ultimi istanti di vita, prima di consegnare lo spirito al Padre: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (cf Lc 46, 23), Gesù, scrive l’evangelista Giovanni, disse: «È compiuto!». Che cosa significa questa parola? Significa che l’opera della salvezza è compiuta, che tutte le Scritture trovano il loro pieno compimento nell’amore del Cristo, Agnello immolato. Gesù, col suo sacrificio, ha trasformato la più grande iniquità nel più grande amore.
Adorando la croce, guardando Gesù e volgendo lo sguardo al suo volto trasfigurato, pensiamo all’amore che ha avuto per tutti noi. Lasciamoci, anche noi, guardare dal Cristo sofferente poiché il suo sguardo è dono di perdono e invito alla conversione. Il bacio che daremo a Gesù crocifisso sia segno di una profonda, convinta, adesione a lui.
Noi, che siamo dei pellegrini in cammino verso la Gerusalemme celeste, siamo invitati a riprendere il cammino con lui, dietro di lui. Nessuno di noi conosce il giorno e l’ora del nostro arrivo nella Patria beata, però, quando quel giorno arriverà, essendoci sforzati di fare ogni giorno la volontà di Dio, possiamo esclamare dicendo: “Padre, ho fatto quello che ho potuto. È compiuto!” Amen.
Don Lucio D’Abbraccio
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