Abbiamo fede in Cristo che è «la Via, la Verità e la Vita»!
Nel Vangelo di questa quinta domenica di Pasqua abbiamo ascoltato l’inizio del cosiddetto “Discorso di addio” di Gesù. Queste parole, il Maestro Divino, le rivolse ai suoi discepoli al termine dell’ultima Cena, appena prima di affrontare la Passione. In un momento così drammatico Gesù cominciò dicendo: «Non sia turbato il vostro cuore». Lo dice anche a noi, discepoli di oggi, nei drammi della vita. Ma come fare perché il cuore non si turbi?
Il Signore indica due rimedi al turbamento: il primo rimedio è quello di avere fede. Gesù, scrive l’evangelista Giovanni, dice ai suoi discepoli: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me». Questo avere fede in Dio e in Gesù non sono due atti separati, ma un unico atto di fede, perché la salvezza operata da Dio Padre è avvenuta mediante il suo Figlio Unigenito. Ebbene, il Nuovo Testamento ha posto fine all’invisibilità del Padre. Dio ha mostrato il suo volto, come conferma la risposta di Gesù all’apostolo Filippo: «Chi ha visto me, ha visto il Padre». Il Figlio di Dio, con la sua incarnazione, morte e risurrezione, ci ha liberati dalla schiavitù del peccato per donarci la libertà dei figli di Dio e ci ha fatto conoscere il volto di Dio che è amore: Dio si può vedere, è visibile in Cristo.
Santa Teresa d’Avila scrive che «non dobbiamo allontanarci da ciò che costituisce tutto il nostro bene e il nostro rimedio, cioè dalla santissima umanità di nostro Signore Gesù Cristo» (Castello interiore, 7, 6: Opere Complete, Milano 1998, 1001). Quindi solo credendo in Cristo, rimanendo uniti a Lui, i discepoli, tra i quali siamo anche noi, possono continuare la sua azione permanente nella storia: «In verità, in verità io vi dico – dice il Signore -: “chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio”».
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«Abbiate fede in me», allora, significa fidarci e affidarci totalmente a Gesù. Egli sa che, nella vita, l’ansia peggiore, il turbamento, nasce dalla sensazione di non farcela, dal sentirsi soli e senza punti di riferimento davanti a quel che accade. Quest’angoscia non si può superare da soli. Abbiamo bisogno dell’aiuto di Gesù, e per questo Gesù chiede di avere fede in Lui, cioè di non appoggiarci a noi stessi, ma a Lui. Perché la liberazione dal turbamento passa attraverso l’affidamento. Affidiamoci dunque a Gesù, perché questa è la liberazione dal turbamento. E Gesù è risorto e vivo proprio per essere sempre al nostro fianco. Allora possiamo dirgli: «Gesù, credo che sei risorto e che mi stai accanto. Credo che mi ascolti. Ti porto quello che mi turba, i miei affanni: ho fede in Te e mi affido a Te».
C’è poi un secondo rimedio al turbamento, che Gesù esprime con queste parole: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. […] Vado a prepararvi un posto». Ecco che cosa ha fatto Gesù per noi: ci ha prenotato un posto in Cielo. Ha preso su di sé la nostra umanità per portarla oltre la morte, in un posto nuovo, in Cielo, perché lì dove è Lui fossimo anche noi. E questa certezza che un giorno saremo in Paradiso ci dà gioia, consolazione. Su questa terra siamo di passaggio, siamo dei pellegrini. Noi siamo fatti per il Cielo, per la vita eterna, per vivere per sempre nella gioia, nella comunione piena con Dio, in un mondo dove non ci sono lacrime, rancori, divisioni e turbamento ma solo felicità.
Ma come raggiungere il Paradiso? Qual è la via? La risposta c’è la dà Gesù quando dice: «Io sono la via». Per salire in Cielo, dunque, la via è Gesù. Viene da chiederci: «io, cristiano, quale via seguo?». Ci sono vie che non portano in Cielo: le vie della mondanità, le vie per autoaffermarsi, le vie del potere egoista. E c’è la via di Gesù, la via dell’amore umile, della preghiera, della mitezza, della fiducia, del servizio agli altri.
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La fede in Gesù, dunque, che è la vera «Via», comporta seguirlo quotidianamente, nelle semplici azioni che compongono la nostra giornata. Sant’Agostino afferma che «era necessario che Gesù dicesse: “Io sono la via, la verità e la vita”, perché una volta conosciuta la via, restava da conoscere la meta» (Tractatus in Ioh., 69, 2: CCL 36, 500), e la meta è il Padre. Per i cristiani, per ciascuno di noi, dunque, la Via al Padre è lasciarsi guidare da Gesù, dalla sua parola di Verità, e accogliere il dono della sua Vita. Facciamo nostro l’invito di San Bonaventura: «Apri dunque gli occhi, tendi l’orecchio spirituale, apri le tue labbra e disponi il tuo cuore, perché tu possa in tutte le creature vedere, ascoltare, lodare, amare, venerare, glorificare, onorare il tuo Dio» (Itinerarium mentis in Deum, I, 15).
L’impegno di annunciare Gesù Cristo, che è «la via, la verità e la vita», costituisce il compito principale della Chiesa. Invochiamo la Vergine Maria perché assista sempre i Pastori e quanti nei diversi ministeri annunciano il lieto Messaggio di salvezza, affinché, come è scritto negli Atti degli Apostoli: «la Parola di Dio si diffonda e il numero dei discepoli si moltiplichi» (I Lettura). Amen!
Don Lucio D’Abbraccio
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