don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo del 5 Gennaio 2022

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Don Lucio D’Abbraccio

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Abbiamo visto la sua stella e siamo venuti ad adorarlo

L’Epifania è una festa importante nel ciclo liturgico del Natale perché è la manifestazione di Gesù a tutti i popoli, simbolicamente rappresentati dai Magi, che offrono oro (che significa regalità di Cristo), incenso (divinità di Gesù), mirra (umanità del Signore). Il termina epifania deriva dal greco antico epifàneia (manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina).

Il brano evangelico, che narra questa manifestazione, inizia dicendo: «Nato Gesù a Betlemme di Giudea al tempo del re Erode». L’episodio avviene «al tempo del re Erode», ma il suo tempo sta per scadere, perché il tempo appartiene a Dio e chi pensa di diventarne padrone si illude. Erode, all’udire della nascita di Gesù, si sente minacciato: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? […] All’udire questo, il re Erode restò turbato». Erode non voleva questo nuovo re. Egli credeva soltanto in se stesso e pensava a proteggere il suo potere. Questo nuovo re che era nato, chiunque egli fosse, era considerato un suo antagonista e per questo doveva morire.

Dunque, da politico astuto, nasconde il suo progetto omicida e con molta diplomazia si rivolge ai Magi, che aveva fatto chiamare segretamente, e dice loro: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Erode invia i Magi ma lui non si impegna e non si muove a cercare Gesù, come non si muovono i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo i quali erano a conoscenza della profezia. Infatti, costoro, riuniti dal re per sapere il luogo dove doveva nascere il Cristo risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».

Invece i Magi, sapienti che scrutavano e meditavano i segni della natura, si sono mossi. Hanno compiuto un lungo e faticoso viaggio. Da oriente sono venuti a Gerusalemme seguendo la sola luce di una stella e alla fine hanno trovato il figlio di Dio nato da Maria. L’evangelista Luca dice che: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre, si prostrarono e lo adorarono». Questa è la frase centrale del brano evangelico perché riguarda l’incontro dei Magi con Gesù.

Erode è l’uomo che vive soltanto per sé, è l’uomo senza Dio, senza umiltà, pieno di orgoglio. I capi dei sacerdoti e gli scribi sono coloro che pur conoscendo la verità restano prigionieri di un passato che non apre al futuro, alla novità che Dio mette davanti ai loro occhi. Sono persone che assecondano il loro padrone e per questo sono persone non libere e non vive. I Magi, invece, osservano il cielo, vedono una stella, splendente, e sentono che devono muoversi e lo fanno, perché quella stella indica loro una strada da percorrere. Hanno sopportato la fatica del viaggio con tutti i dubbi e le incertezze che esso ha comportato, e hanno gustato, infine, la gioia di vedere il bambino: «Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».

In tutti noi c’è il bisogno di conoscere il Signore, e questo bisogno lo ha messo Dio dentro di noi. Sono tanti i modi attraverso i quali Dio si fa sentire, bussa alla nostra porta. Spesso diciamo che siamo alla ricerca di Dio, in realtà è Dio per primo che è alla ricerca di noi.

Questa ricerca di Dio comporta fatica. I pastori devono vincere il torpore della notte, liberarsi dal tepore dei loro mantelli, incamminarsi nella notte, fidarsi di voci che potrebbero essere anche suggestioni. Per i Magi il cammino è più duro: a volte la stella si oscura, scompare alla loro vista, incontrano persone che «sanno», ma che rimangono nell’indifferenza o che, pur turbate, non si uniscono a loro nella ricerca del neonato re dei giudei. Anche per noi ci sono momenti di buio, di paura, di turbamento, di dubbio. Si può rimanere nella nostra religiosità, nei nostri riti, nelle nostre comodità senza muoverci. Perché muoverci? Perché rischiare? Se non ci muoviamo e se non cambiamo vita vivremo nei nostri pregiudizi, nel nostro egoismo, nel nostro orgoglio. Se non adoriamo Dio, e solo Dio, non saremo mai un segno di Dio per il mondo. Chiediamoci: siamo una epifania-manifestazione di Dio? Siamo un segno del vero ed unico Dio, che è umile, povero, mite e paziente?

I Magi obbediscono all’angelo perché sanno distinguere la verità dalla falsità e percorrono una nuova strada per tornare alla loro terra: «Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese». Noi sappiamo distinguere il bene dal male? San Paolo nella lettera ai Romani scrive: «in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio» (Rm 7, 18-19). I Magi non hanno avuto difficoltà ad inginocchiarsi davanti a quel bambino e ad offrirgli dei doni molto preziosi. Noi davanti a chi ci inginocchiamo? Davanti a Dio o davanti agli uomini? Davanti al Re dei re o davanti al denaro?

Coraggiosamente togliamo il lievito di Erode dalla nostra vita, rinunciamo al potere, all’orgoglio, al piacere personale, agli agi e alle comodità e – come dice il profeta Isaia (I Lettura): «Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te».

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