don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo del 26 Marzo 2023

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Usciamo dai nostri sepolcri!

Nel nostro itinerario quaresimale siamo giunti alla quinta Domenica, caratterizzata dal Vangelo della risurrezione di Lazzaro. Si tratta dell’ultimo grande «segno» compiuto da Gesù, dopo il quale i sommi sacerdoti riunirono il Sinedrio e deliberarono di ucciderlo; e decisero di uccidere anche lo stesso Lazzaro, che era la prova vivente della divinità di Cristo, Signore della vita e della morte. In realtà, questa pagina evangelica mostra Gesù quale vero Uomo e vero Dio. Anzitutto l’evangelista insiste sulla sua amicizia con Lazzaro e le sorelle Marta e Maria. Egli sottolinea che a loro Gesù voleva molto bene: «Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro», e per questo volle compiere il grande prodigio.

«Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo»: così Gesù parlò ai discepoli, esprimendo con la metafora del sonno il punto di vista di Dio sulla morte fisica: Dio la vede appunto come un sonno, da cui ci può risvegliare. Gesù ha dimostrato un potere assoluto nei confronti di questa morte: lo si vede quando ridona la vita al giovane figlio della vedova di Nain (cf Lc 7,11-17) e alla fanciulla di dodici anni (cf Mc 5,35-43). Proprio di lei disse: «Non è morta, ma dorme» (Mc 5,39), attirandosi la derisione dei presenti. Ma in verità è proprio così: la morte del corpo è un sonno da cui Dio ci può ridestare in qualsiasi momento.

Ebbene, questa signoria sulla morte non impedì a Gesù di provare sincera compassione per il dolore del distacco. Vedendo piangere Marta e Maria e quanti erano venuti a consolarle, anche Gesù «si commosse profondamente e, molto turbato, scoppiò in pianto». Il cuore di Cristo è divino-umano: in Lui Dio e Uomo si sono perfettamente incontrati, senza separazione e senza confusione. Egli è l’immagine, anzi, l’incarnazione del Dio che è amore, misericordia, tenerezza paterna e materna, del Dio che è Vita.

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Perciò dichiarò solennemente a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». E aggiunse: «Credi tu questo?». Una domanda che Gesù rivolge ad ognuno di noi; una domanda che certamente ci supera, supera la nostra capacità di comprendere, e ci chiede di affidarci a Lui, come Lui si è affidato al Padre. Esemplare è la risposta di Marta: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che viene nel mondo».

Sì, o Signore! Anche noi crediamo, malgrado i nostri dubbi e le nostre oscurità; crediamo in Te, perché Tu hai parole di vita eterna; vogliamo credere in Te, che ci doni una speranza affidabile di vita oltre la vita, di vita autentica e piena nel tuo Regno di luce e di pace.

Orbene, l’autore sacro scrive che dinanzi alla tomba sigillata dell’amico Lazzaro, Gesù «gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario». Questo grido perentorio è rivolto ad ogni uomo, perché tutti siamo segnati dalla morte, tutti noi; è la voce di Colui che è il padrone della vita e vuole che tutti «l’abbiano in abbondanza» (cf Gv 10,10). Cristo non si rassegna ai sepolcri che ci siamo costruiti con le nostre scelte di male e di morte, con i nostri sbagli, con i nostri peccati.

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Lui non si rassegna a questo! Lui ci invita, quasi ci ordina, di uscire dalla tomba in cui i nostri peccati ci hanno sprofondato. Ci chiama insistentemente ad uscire dal buio della prigione in cui ci siamo rinchiusi, accontentandoci di una vita falsa, egoistica, mediocre. «Vieni fuori!». Questo ci dice Gesù: «Vieni fuori!». È un bell’invito alla vera libertà, a lasciarci afferrare da queste parole di Gesù che oggi ripete a ciascuno di noi. Un invito a lasciarci liberare dalle «bende» dell’orgoglio.

Perché l’orgoglio ci fa schiavi, schiavi di noi stessi, schiavi di tanti idoli, di tante cose. La nostra risurrezione incomincia da qui: quando decidiamo di obbedire a questo comando di Gesù uscendo alla luce, alla vita; quando dalla nostra faccia cadono le maschere – tante volte noi siamo mascherati dal peccato, dall’ipocrisia – e noi ritroviamo il coraggio del nostro volto originale, creato a immagine e somiglianza di Dio.

Il gesto di Gesù che risuscita Lazzaro mostra fin dove può arrivare la forza della Grazia di Dio e, dunque, fin dove può arrivare la nostra conversione, il nostro cambiamento. Non dimentichiamoci che non c’è alcun limite alla misericordia divina offerta a tutti! Il Signore è sempre pronto a sollevare la pietra tombale dei nostri peccati, che ci separa da Lui, luce dei viventi.

Affidiamoci a Maria Santissima affinché per la sua intercessione rafforzi la nostra fede e la nostra speranza in Gesù, specialmente nei momenti di maggiore prova e difficoltà. Amen!

Fonte

Don Lucio D’Abbraccio

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