Don Lucio D’Abbraccio
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Oggi si è adempiuta questa Scrittura
La prima lettura di oggi è un invito a tutte le comunità cristiane e in particolare ai ministri della Parola a celebrare con cura le liturgie, perché siano vive e fruttuose. I ministri devono preparare con attenzione l’ambiente perché sia accogliente e permetta a tutti di ascoltare agevolmente la Parola; ma soprattutto devono preparare se stessi per leggere bene i testi e per spiegarli in modo che tutti possano comprendere. I fedeli, da parte loro, devono arrivare alla celebrazione con il desiderio di ascoltare e l’impegno di vivere la Parola, riconoscendosi peccatori, ma soprattutto lasciandosi trasformare da essa, per vivere con gioia i doni di Dio che salva la vita di noi che siamo suoi figli.
Nel brano della lettera ai Corinzi (II Lettura) l’apostolo Paolo, nell’ enumerare i carismi mette ai primi posti i doni che riguardano la proclamazione del Vangelo, fatti a coloro che sono e devono considerarsi non «padroni», ma «servi» della parola di Dio, che devono annunciare prima con la vita e poi con la voce. L’apostolo, inoltre, esorta a considerarci un corpo solo – perché lo siamo – pur essendo molti con doni diversi e con ministeri molteplici. Paolo, infatti, descrive la nuova realtà della Chiesa fondata da Cristo suo capo, ricorrendo al paragone degli organismi viventi. Dice: «come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo».
Ciò significa che la Chiesa è composta dai tanti cristiani, che trovano la loro unità in Cristo Gesù. L’apostolo continua dicendo che non tutti siamo apostoli, non tutti profeti, non tutti abbiamo i doni dell’assistenza o del governo. Nessuno, dunque, può dichiararsi estraneo al corpo, fuori dalla comunità, e nessuno può escludere dalla comunità, dal corpo, chi è diverso da lui. Rispettiamo e valorizziamo questa ricchezza e varietà di doni e cerchiamo con passione l’unità, l’armonia, la piena funzionalità di tutto il corpo. Queste parole di san Paolo sono particolarmente adatte nei giorni in cui preghiamo più intensamente per l’unità dei cristiani ed inoltre ci aiutano a riflettere sull’ unità della Chiesa. Ma anche sulle necessità della concordia nelle parrocchie, nelle comunità e nelle famiglie.
Il vangelo, invece, è composto da due brani: il prologo, cioè l’inizio del libro redatto da Luca, e l’inizio della predicazione di Gesù. Iniziando il suo libro, Luca si rivolge al lettore cristiano Teofilo, che significa «amante di Dio, caro a Dio» (il nome Teofilo è presente nel Nuovo Testamento, dove l’evangelista Luca indirizza il suo vangelo e il libro degli Atti ad un uomo così chiamato, probabilmente un ufficiale romano, ma non è escluso che possa essere un nome metaforico riferito, in virtù del suo significato, a tutti i cristiani), e gli dichiara la sua intenzione: siccome altri prima di lui hanno narrato la vicenda di Gesù, e lo hanno fatto dopo aver ascoltato la testimonianza su quest’uomo da parte di quelli che erano stati coinvolti nella sua vita, di quelli che lo avevano conosciuto, ascoltato e visto, anche lui «dopo aver fatto ricerche accurate», ha deciso di scrivere un racconto, cioè il vangelo. Il vangelo, infatti, è un racconto scritto di ciò che Gesù ha fatto e detto; anzi è un racconto della narrazione che Gesù con tutta la sua vita ha fatto di Dio.
Nella seconda parte del vangelo, tratto dal quarto capitolo, ci viene raccontata la vita dei credenti ebrei al tempo di Gesù: in giorno di sabato essi si radunano nella sinagoga per ascoltare la parola di Dio contenuta nella Legge e nei Profeti, libri scritti nel passato quale testimonianza di come Dio ha parlato al suo popolo. Ed ecco che Gesù, dopo alcuni anni di assenza, fa ritorno al villaggio in cui era cresciuto, Nazaret, e partecipa alla liturgia in sinagoga: ascolta un brano della Torah, partecipa al canto responsoriale di alcuni Salmi, poi tocca a lui leggere la seconda lettura.
Ricevuto il rotolo dei Profeti, lo apre e legge il testo previsto per quel giorno, un passo del profeta Isaia dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Letto il brano, spetta a Gesù darne una spiegazione, ed egli lo fa attraverso un’ «omelia» qui riassunta in pochissime parole: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Ciò significa che il profeta presentato da Isaia è Gesù stesso, la parola di Dio testimoniata dall’ antico profeta e ascoltata da quanti si trovano nella sinagoga si realizza proprio in lui, in Gesù! Quella pagina biblica costituisce il programma della missione di Gesù: ecco ciò che lui farà e dirà, ecco la buona notizia, il Vangelo che attraverso di lui si realizza.
Mi vengono in mente alcune domande: abbiamo in casa la Bibbia? La apriamo qualche volta per leggerla? Ci mettiamo all’ ascolto docile e obbediente della parola di Dio? Ci impegniamo a vivere il vangelo e ad annunziarlo ai fratelli non solo con le parole ma con la vita? Troppi cristiani, purtroppo, anche assidui partecipanti all’ Eucaristia domenicale, non credono che la parola di Dio sia viva ed efficace, proprio nel momento in cui la si ascolta.
Chiediamo al Signore che ci aiuti a realizzare la sua Parola e, come diceva santa Madre Teresa di Calcutta: «viviamo in modo tale da essere la dimostrazione di Dio».