Don Lucio D’Abbraccio
Di don Lucio, puoi acquistare:
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«Che cosa dobbiamo fare?»
Nell’antifona d’ingresso di questa terza domenica di Avvento leggiamo: «Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino». Questa domenica, nella quale il celebrante indossa la casula di color rosa, è chiamata Domenica Gaudete, ossia della gioia. Perché della gioia? Perché l’Eucaristia che celebriamo ci introduce nella gioia del Natale, ossia nel grande mistero dell’Emmanuele, il Dio-con-noi, il Dio-per-noi.
Le letture di questa domenica, infatti, ci propongono il tema della gioia. Il profeta Sofonìa (I Lettura) ci invita a rallegrarci, a gioire e ad esultare: «Rallègrati […], grida di gioia […], esulta e acclama con tutto il cuore». Il motivo di questo invito è la presenza del Signore in mezzo al suo popolo: «Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente […], ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia». Noi sappiamo che la presenza di Dio in mezzo agli uomini ha raggiunto la sua pienezza a Betlemme, con la nascita del Signore, e questa vicenda è alla base della gioia per tutti noi. Mentre l’apostolo Paolo (II Lettura) scrivendo ai cristiani della comunità di Filippi, li esorta a vivere nella gioia del Signore: «Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti». Questa esortazione alla gioia è perché: «Il Signore è vicino!». Non scoraggiamoci, dunque, di fronte alle difficoltà che incontriamo ma abbiamo fiducia nel Signore perché lui solo è la nostra gioia e la nostra salvezza.
Noi cristiani abbiamo delle responsabilità: prepararci ad essere ben disposti alla venuta del Signore, annunciare e testimoniare il Vangelo con la nostra vita. Quante volte, purtroppo, con il nostro comportamento allontaniamo gli altri da Dio! Noi spesso siamo cristiani di abitudine e anziché trasmettere gioia, allegria, trasmettiamo tristezza. Il nostro essere cristiani, il più delle volte, è infruttuoso. Tanta gente, per colpa nostra, resta nelle tenebre. Sant’Ignazio di Antiochia diceva che «non basta portare il nome di cristiani, ma occorre esserlo in verità».
In questo tempo di Avvento che ci invita alla conversione, cioè ad un concreto mutamento di comportamento, sforziamoci di essere dei veri e sinceri cristiani. L’evangelista Luca ci dice: «che le folle interrogavano Giovanni dicendo: “Che cosa dobbiamo fare?”». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Il Battista chiede anzitutto la condivisione di ciò che si ha, chiede cioè di non possedere i beni in modo egoistico. La prima conversione, dunque, è liberarci dal materialismo che ci circonda. Non viviamo per accumulare le cose. Lo scopo della vita non è accumulare ma condividere, donare, aiutare il prossimo. Chi realmente vuole convertirsi e vuole vivere un sincero ed autentico cristianesimo è chiamato ad avere compassione per il fratello che è nel bisogno. Siamo tutti invitati a convertirci all’amore!
L’evangelista prosegue dicendo che anche due pubblicani che erano andati a farsi battezzare gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Il pubblicano esercitava una professione nella quale l’egoismo facilmente poteva prevalere. Sorge spontanea una domanda: sono cristiano nel lavoro? Testimonio il mio credo anche fuori dalla chiesa? Cerco di essere onesto, puntuale, diligente, gentile, umile, capace di perdonare? La seconda conversione, quindi, è che il vero cristiano si deve vedere da come vive, anche senza parlare, senza dire nulla. Questa è testimonianza!
Ed infine l’ultima risposta data dal Precursore a un gruppo di soldati dell’impero romano: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Il Battista chiede loro di non maltrattare, di non abusare della loro forza, di non fare violenza a nessuno. Più in generale, terza conversione, si tratta di frenare ogni atteggiamento di aggressività verso chi ci è accanto: dobbiamo imparare a rispettare gli altri.
Queste tre indicazioni di Giovanni devono farci riflettere e porci la domanda: “Come ci stiamo preparando al Natale?”. “Siamo disposti ad accogliere Cristo nel nostro cuore?”.
Il compito del Battista è di indicare alla gente come prepararsi ad accogliere il Messia togliendo gli ostacoli interiori. Quando verrà Gesù, porterà l’annuncio di una vita nuova in una predicazione più esigente (ma anche più misericordiosa). Di questo Giovanni è perfettamente consapevole e lo afferma con decisa umiltà a chi pensa possa essere lui il Messia: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Il Battista dice anche che il Signore sarà un giudice capace di separare la pula dal buon grano. Non rimaniamo sordi alla parola di Dio. Possiamo sfuggire dal giudizio degli uomini ma non di Dio!
Cristo, che è vicino, alle porte, è certamente misericordioso con chi è sincero, ma è temibile con chi mente e non si sforza di trasformare in comportamento quotidiano ciò che proclama con le labbra.
Invochiamo con fiducia l’infinita misericordia del Signore pregandolo di donarci la gioia di una vera conversione.
Papa Benedetto XVI, nell’Angelus del 13/12/2009, disse: «Quel Bambinello, che mettiamo nella capanna o nella grotta, è il centro di tutto, è il cuore del mondo. Preghiamo perché ogni uomo, come la Vergine Maria, possa accogliere quale centro della propria vita il Dio che si è fatto Bambino, fonte della vera gioia».