Chi sono io per giudicare?
Le Letture bibliche della Messa di questa domenica convergono sul tema della carità fraterna nella comunità dei credenti, che ha la sua sorgente nella comunione della Trinità. L’apostolo Paolo, nella lettera ai Romani (II Lettura), afferma che tutta la Legge di Dio trova la sua pienezza nell’amore, così che, nei nostri rapporti con gli altri, i dieci comandamenti e ogni altro precetto si riassumono in questo: «Amerai il tuo prossimo come te stesso».
Il testo del Vangelo, tratto dal capitolo 18° di Matteo, dedicato alla vita della comunità cristiana, ci dice che l’amore fraterno comporta anche un senso di responsabilità reciproca, per cui, se il mio fratello commette una colpa contro di me, io devo usare carità verso di lui e, prima di tutto, parlargli personalmente, facendogli presente che ciò che ha detto o fatto non è buono.
Questo modo di agire si chiama correzione fraterna: essa non è una reazione all’offesa subita, ma è mossa dall’amore per il fratello. Commenta Sant’Agostino: «Colui che ti ha offeso, offendendoti, ha inferto a se stesso una grave ferita, e tu non ti curi della ferita di un tuo fratello? … Tu devi dimenticare l’offesa che hai ricevuto, non la ferita di un tuo fratello» (Discorsi 82, 7).
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E se il fratello non mi ascolta? Gesù nel Vangelo odierno indica una gradualità: prima tornare a parlargli con altre due o tre persone, per aiutarlo meglio a rendersi conto di quello che ha fatto; se, malgrado questo, egli respinge ancora l’osservazione, bisogna dirlo alla comunità; e se non ascolta neppure la comunità, occorre fargli percepire il distacco che lui stesso ha provocato, separandosi dalla comunione della Chiesa. Tutto questo indica che c’è una corresponsabilità nel cammino della vita cristiana: ciascuno, consapevole dei propri limiti e difetti, è chiamato ad accogliere la correzione fraterna e ad aiutare gli altri con questo particolare servizio.
Questo insegnamento di Gesù ci aiuta a riflettere perché – pensiamo ad un esempio – quando noi vediamo uno sbaglio, un difetto, una scivolata, in quel fratello o quella sorella, di solito la prima cosa che facciamo non è correggere lo sbaglio commesso ma è quello di andare a raccontarlo agli altri, a chiacchierare. E le chiacchiere chiudono il cuore alla comunità, chiudono l’unità della Chiesa.
Questo nostro comportamento è sbagliato! È sbagliato perché invece di chiacchierare noi dovremmo sforzarci di aiutare chi sbaglia, affinché non si perda. La correzione fraterna è un aspetto dell’amore e della comunione che devono regnare nella comunità cristiana, è un servizio reciproco che possiamo e dobbiamo renderci gli uni gli altri. Correggere il fratello è un servizio, ed è possibile ed efficace solo se ciascuno si riconosce peccatore e bisognoso del perdono del Signore.
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La stessa coscienza che mi fa riconoscere lo sbaglio dell’altro, prima ancora mi ricorda che io stesso ho sbagliato e sbaglio tante volte. Spesso, molto spesso, noi guardiamo la pagliuzza che è nell’occhio del nostro fratello e non guardiamo la trave che è nel nostro. Gesù, infatti, dice: «Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello (cf Lc 6,42)».
Ed infine, un altro frutto della carità nella comunità è la preghiera concorde. Dice Gesù: «Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». La preghiera personale è certamente importante, anzi, indispensabile, ma il Signore assicura la sua presenza alla comunità che – pur se molto piccola – è unita e unanime, perché essa riflette la realtà stessa di Dio Uno e Trino, perfetta comunione d’amore.
Dice Origene che «dobbiamo esercitarci in questa sinfonia» (Commento al Vangelo di Matteo 14, 1), cioè in questa concordia all’interno della comunità cristiana. Dobbiamo esercitarci sia nella correzione fraterna, che richiede molta umiltà e semplicità di cuore, sia nella preghiera, perché salga a Dio da una comunità veramente unita in Cristo.
La Vergine Maria ci aiuti a non giudicare gli altri e a fare della correzione fraterna una sana abitudine, affinché nelle nostre comunità si possano instaurare sempre nuove relazioni fraterne, fondate sul perdono reciproco e soprattutto sulla forza invincibile della misericordia di Dio. Amen!
Don Lucio D’Abbraccio
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