don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo del 1 Novembre 2023

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La santità è possibile a tutti perché è un dono di Dio!

La liturgia di oggi, solennità di tutti i Santi, ci invita a condividere il gaudio celeste dei Santi, nostri amici e intercessori presso Dio, ad assaporarne la gioia. I Santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso la quale la liturgia ci esorta oggi a levare lo sguardo. In tale moltitudine non vi sono soltanto i Santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina. Della gran parte di essi non conosciamo i volti e nemmeno i nomi, ma con gli occhi della fede li vediamo risplendere, come astri pieni di gloria, nel firmamento di Dio.

Quest’oggi, dunque, la Chiesa festeggia la sua dignità di «madre dei santi, immagine della città superna» (cit. A. Manzoni), e manifesta la sua bellezza di sposa immacolata di Cristo, sorgente e modello di ogni santità. Non le mancano certo figli riottosi e addirittura ribelli, ma è nei Santi che essa riconosce i suoi tratti caratteristici, e proprio in loro assapora la sua gioia più profonda. Nella prima Lettura, l’autore del libro dell’Apocalisse li descrive come «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua». Questo popolo comprende i Santi dell’Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell’inizio del cristianesimo e i beati e i Santi dei secoli successivi, sino ai testimoni di Cristo di questa nostra epoca. Li accomuna tutti la volontà di incarnare nella loro esistenza il Vangelo, sotto l’impulso dell’eterno animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo.

Ma «a che serve la nostra lode ai Santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità?». Con questa domanda comincia una famosa omelia di san Bernardo per il giorno di Tutti i Santi. È domanda che ci si potrebbe porre anche oggi. E attuale è anche la risposta che il Santo ci offre: «I nostri Santi – egli dice – non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. Per parte mia, devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri» (Disc. 2; Opera Omnia Cisterc. 5, 364ss). Ecco dunque il significato dell’odierna solennità: guardando al luminoso esempio dei Santi in noi si deve risvegliare il grande desiderio di essere come i loro: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella grande famiglia degli amici di Dio. Essere Santo, dunque, significa: vivere nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia.

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Ma come possiamo divenire santi, amici di Dio? Per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Per essere santi è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza perdersi d’animo di fronte alle difficoltà. «Se uno mi vuol servire – Egli ci ammonisce – mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà» (cf Gv 12,26). Chi si fida di Lui e lo ama con sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a sé stesso. Egli infatti sa che chi cerca di avere la sua vita per se stesso la perde, e chi si dà, si perde, trova proprio così la vita (cf Gv 12,24-25). L’esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a se stesso. Le biografie dei Santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio. Hanno perseverato nel loro impegno, «sono passati attraverso la grande tribolazione – si legge nell’Apocalisse – e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello». I loro nomi sono scritti nel libro della vita (cf Ap 20,12); loro eterna dimora è il Paradiso. L’esempio dei Santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l’unica vera causa di tristezza e di infelicità per l’uomo è vivere lontano da Lui.

La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (cf Is 6,3). Nella seconda Lettura, l’apostolo Giovanni osserva: «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!». È Dio, dunque, che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi suoi figli adottivi. Nella nostra vita tutto è dono del suo amore: come restare indifferenti dinanzi a un così grande mistero? Come non rispondere all’amore del Padre celeste con una vita da figli riconoscenti? In Cristo ci ha fatto dono di tutto se stesso, e ci chiama a una relazione personale e profonda con Lui. Quanto più pertanto imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più entriamo nel mistero della santità divina. Scopriamo di essere amati da Lui in modo infinito, e questo ci spinge, a nostra volta, ad amare i fratelli. Amare implica sempre un atto di rinuncia a se stessi, il «perdere se stessi», e proprio questo perdere se stessi ci rende felici, beati.

E di essere «beati» ne parla anche il Vangelo. Gesù, abbiamo ascoltato, dice per ben 8 volte: «Beati». Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, beati i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia. In verità, il «Beato» per eccellenza è solo Lui, Gesù. È Lui, infatti, il vero povero in spirito, l’afflitto, il mite, l’affamato e l’assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l’operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Le Beatitudini ci mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa. Nella misura in cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela – ognuno nelle sue circostanze – anche noi possiamo partecipare della sua beatitudine. Con Lui l’impossibile diventa possibile e persino un cammello passa per la cruna dell’ago (cf Mc 10,25); con il suo aiuto, solo con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste (cf Mt 5,48).

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Nel Prefazio proclameremo che i Santi sono per noi amici e modelli di vita. Invochiamoli perché ci aiutino ad imitarli e impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo specialmente Maria, Madre del Signore, Regina di tutti i Santi e specchio di ogni santità. Lei, la Tutta Santa, ci faccia fedeli discepoli del suo figlio Gesù Cristo, nostro Salvatore. Amen!

Fonte

Don Lucio D’Abbraccio

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