don Lucio D’Abbraccio – Commenti al Vangelo del 11 Luglio 2021

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Don Lucio D’Abbraccio

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Testimoni credibili

Il Vangelo di questa Domenica inizia così: «In quel tempo Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due».  Già in queste parole è contenuta una notizia importante: «prese a mandarli». È l’inizio dell’invio degli apostoli. Finora era stato solo lui, Gesù, a predicare il Regno. I discepoli lo seguivano, ascoltavano, imparavano, facevano per così dire apprendistato. Ora essi sono mandati. Se finora il verbo che Gesù usava più spesso, nei confronti dei discepoli, era: «Venite», ora è  «Andate!». Dalla chiamata si passa all’invio.

Ma a chi è rivolto questo invito di Gesù «Andate!»? Si pensa di solito agli apostoli e, oggi, ai loro successori: il papa, i vescovi, i preti, i religiosi. La cosa riguarda loro, non noi laici, pensano molti. Ma è proprio questo l’errore. È verissimo che, in primo luogo, con un compito di testimoni ufficiali e autorizzati, egli manda gli apostoli. Ma non da soli. Essi devono essere le guide, gli animatori degli altri, nella comune missione. Pensare diversamente, sarebbe come dire che si può fare una guerra solo con i generali e i capitani, senza soldati; o che si può mettere in piedi una squadra di calcio, solo con un allenatore e un arbitro.

Dopo questo invio degli apostoli, Gesù – leggiamo nel Vangelo di Luca – «designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (cf Lc 10,1). Ora questi settantadue discepoli erano probabilmente tutti quelli che egli aveva raccolto fino a quel momento, o almeno tutti quelli che erano disposti a impegnarsi seriamente per lui. Gesù dunque invia «tutti» i suoi discepoli. Ha bisogno di tutti. O meglio, a tutti fa l’onore di diventare suoi ambasciatori, suoi «precursori», cioè persone che lo precedono e gli preparano la strada nei luoghi dove egli sta per recarsi.

Immaginate se oggi si chiedesse alle persone di diventare evangelizzatori e testimoni di Gesù. La loro risposta sarebbe sicuramente questa: «Ma come, non è già abbastanza che diamo del nostro tempo per ascoltare il Vangelo o andare la domenica in chiesa? Adesso ci si chiede anche di farci annunciatori di Gesù? Ma voi preti, lo sapete cosa significa avere famiglia e vivere in un mondo così difficile…?». Ma diventare evangelizzatori, non è un peso in più nella vita; è una gioia, un aiuto che fa dimenticare tutti i pesi o aiuta a portarli meglio. Non dimentichiamo che Gesù ha promesso il centuplo già quaggiù a chi si mette a sua completa disposizione per il Regno.

I laici, dunque, sono l’energia del cristianesimo. Detto in parole semplici significa che un laico, raggiunto dal Vangelo, può a sua volta «contagiare» altri laici  e, siccome i laici cristiani non sono alcune decine di migliaia come il clero, ma centinaia di milioni, ecco che essi possono davvero svolgere un ruolo decisivo nel diffondere nel mondo la luce benefica del Vangelo.

Ma in che modo – «come» – evangelizzare? È lo stesso Gesù a darci la risposta. Egli non insiste tanto su cosa si deve dire, quanto su «come si deve essere», per annunciare il Vangelo. L’evangelista annota che Gesù li invia sempre a due a due.  Perché? Li manda «a due a due» – come spiegava san Gregorio Magno – per inculcare la carità, perché essi – ricorda il santo pontefice – essendo in due, sono inevitabilmente chiamati a dare prova di vicendevole amore reciproco: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (cf Gv 13,35). Che valore, dunque, può avere l’annuncio che Dio è amore, quando viene fatto da una comunità divisa dove ognuno combatte il fratello? Chi potrà credere al Vangelo, se i cristiani lo smentiscono clamorosamente con la loro vita? Gesù ci ricorda che la prima predica deve essere la nostra unità: «tutti siano una sola cosa […] perché il mondo creda». Purtroppo – riconosciamolo – quante iniziative di apostolato non convincono nessuno perché partono da cristiani divisi, in disaccordo, mancanti di carità!

Al tempo delle persecuzioni antiche, i cristiani non potevano predicare Cristo apertamente, ma uno scrittore del tempo ci dice che i pagani rimanevano colpiti dall’amore che i cristiani avevano uno per l’altro e dicevano tra sé, pieni di stupore: «Guardate come si amano!».

Ebbene, abbiamo spiegato chi deve evangelizzare (tutti, non solo i preti) e come evangelizzare (con l’amore, con la testimonianza e quando è possibile anche con la parola). Ma «dove» evangelizzare? Quali sono oggi i villaggi e i luoghi nei quali Gesù ci invia? I luoghi dove Gesù ci manda sono il posto di lavoro, la famiglia, gli amici… Chi crede nel Signore non può fare a meno di parlare di lui. Ma molti cristiani non lo fanno! Perché? Per paura? Per timidezza? Per riservatezza? Non occorrono grandi doti umane per annunciare il Vangelo e tantomeno occorre una grande cultura. La fede ha bisogno soltanto di fede. Allora se molti non parlano del Signore, è perché non hanno nulla da dire: e se non hanno nulla da dire, vuole dire che non conoscono il Signore. Chi crede veramente, annuncia la sua fede; chi crede, è missionario e, essere missionario, significa non attaccarsi a nulla e a nessuno ma soltanto a Cristo: «E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche». Lungo i secoli, ma anche oggi, noi cristiani ci siamo attaccati al prestigio, ai potenti, al denaro…e siamo diventati opachi, poco credibili perché poco credenti. Che valore può avere annunciare il Vangelo quando poi ci comportiamo e viviamo in maniera contraria alla parola del Signore?

Ed infine Gesù dice: «Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Scuotere la polvere è un gesto che facevano gli ebrei quando ritornavano in Palestina dalla terra dei pagani, per indicare che essi non condividevano le scelte dei pagani. Il gesto, dunque, non deve essere considerato una maledizione, ma un richiamo. Non è un gesto di disprezzo, ma un invito a considerare la gravità dell’atteggiamento di chi rifiuta Cristo. Scuotere la polvere, allora, non è un gesto contro gli altri, ma a favore degli altri: perché prendano coscienza di ciò che fanno

E allora, nei momenti difficili, anche quando non siamo compresi, quando siamo rifiutati, scacciati, se non ci ascoltano, non ci scoraggiamo e restiamo nella pace perché fare il bene non significa sempre aver successo in questo mondo.

Che il Signore ci aiuti ad essere testimoni credibili del suo Vangelo vivendo in carità e amandoci gli uni gli altri. Amen.

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