Il racconto evangelico di questa domenica ci fa contemplare l’intreccio fra due ricerche: quella di Zaccheo, un uomo ricco e appartenente alla schiera dei pubblicani e quella di Gesù, che è venuto a cercare e salvare chi era perduto. Ci viene presentato il mistero di due libertà che si incontrano. Ogni uomo, per quanto possa essere basso di statura morale e spirituale, non cessa di cercare qualcosa che lo aiuti a realizzarsi in pienezza.
A volte l’oggetto di questa ricerca può essere deviato, come per chi vive la propria vita nella continua ansia della propria affermazione, della propria comodità, della brama di ricchezze di questo mondo. Questa sete d’infinito che c’è nel cuore di ogni uomo, sebbene a volte possa essere assopita o soffocata dalle passioni o dalle distrazioni, rimane la strada privilegiata per l’incontro con l’Assoluto. Zaccheo, nonostante i suoi “affari”, sente l’esigenza di vedere Gesù, forse inizialmente solo per curiosità, ma questo movimento iniziale, che lo porta a salire sull’albero, è segno che in lui questo desiderio naturale e questa sete di verità, probabilmente inconsapevoli, non si sono mai spente.
Gesù riconosce la forza di questo desiderio e apre il dialogo con lui: irrompe nella sua vita chiamandolo per nome, vuole andare proprio a casa sua! Il Signore, che cerca chi è perduto, si lascia incontrare da quest’uomo, per donargli una vita nuova: vuole entrare nella sua casa, occupare il suo spazio, donargli il suo amore. Fa effetto vedere come Gesù esprima questo suo desiderio parlando di un vero e proprio dovere (dei, devo, bisogna, è necessario)! È la stessa espressione che si trova negli annunci della Pasqua: bisogna che il Figlio dell’uomo vada a Gerusalemme, doni la sua vita e la riprenda di nuovo. In altre parole, Gesù vuole rendere anche Zaccheo partecipe di una Pasqua: il passaggio dalla morte del peccato alla vita della grazia. Che cos’è il mistero della conversione, infatti, se non una nuova nascita nel suo amore?
Questo passaggio, inoltre, per come ci viene presentato nella narrazione evangelica, richiede tempestività: Zaccheo deve scendere subito per andare incontro a Gesù, perché il tempo di grazia è arrivato, non si può più rimandare. In quell’oggi si riassume tutta la vita del cristiano. È inutile piangersi addosso per quanto è accaduto ieri, oppure angosciarsi per quanto avverrà domani: è l’oggi il nostro tempo! È nel presente che si gioca la nostra libertà per poter vivere intensamente l’incontro con l’Eterno Presente, amarlo e servirlo con tutte le nostre forze. Questa decisione, come a Zaccheo, dona gioia vera ed entusiasmo. Come accade spesso nei Vangeli, però, non tutti capiscono la logica del Regno. Chi si ferma alla superficie e non riesce a comprendere la forza del cambiamento, vedendo il comportamento di Gesù e di Zaccheo, mormora.
Quante volte anche noi, camminando ad una velocità molto più lenta di quella dello Spirito, non comprendiamo quanto il Signore realizza in tanti nostri fratelli e cadiamo in questa trappola del giudizio e della critica! La forza del cambiamento, però, supera i pregiudizi e si manifesta specialmente nella condivisione e nella riparazione. Zaccheo, rinato ad una vita nuova per la forza dell’amore e del perdono, riversa lo stesso amore sui poveri e su quanti ha fatto soffrire con il suo antico “mestiere”. Una vera conversione, infatti, non può rimanere soltanto teorica e ideale, ma per essere vera deve toccare la vita in tutti i suoi aspetti. E, naturalmente, una delle espressioni più evidenti si ha quando tocca la tasca!
Fonte – il blog di don Luciano