Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 7 Novembre 2021

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Veri e falsi maestri

Il brano di questa domenica rappresenta lโ€™ultima parte narrativa del Vangelo di Marco, prima dei grandi discorsi sulle cose ultime e la narrazione degli eventi pasquali. Attraverso questa Parola Gesรน vuole farci riflettere sulla veritร  e coerenza della nostra testimonianza cristiana, mettendo a nudo le disposizioni piรน intime del nostro cuore. Nel tempio, vale a dire nel luogo della presenza di Dio, convivono il grano e la zizzania, i cuori limpidi e i cuori ipocriti.

Noi, come discepoli destinatari di tale insegnamento, in quale categoria ci collochiamo? Per aiutarci a trovare una risposta dentro noi stessi, Gesรน ci presenta due esempi. Il primo รจ dato dagli scribi, conoscitori della Parola, studiosi della stessa e maestri in Israele. Nonostante queste alte qualificazioni curriculari, essi sono schiavi dellโ€™apparenza, del desiderio di essere osannati ed elogiati, come anche di ricevere attenzioni e privilegi umani. In altre parole sono schiavi della loro vana gloria.

Accanto a questa diagnosi, Gesรน dice che spesso sono voraci, affamati di beni materiali e mostrano persino una pietร  affettata, praticata per essere notati dagli altri. Possiamo dire di essere noi stessi immuni da questi atteggiamenti? Per tutti noi sono forti tentazioni: molto sottili, non sempre facilmente percepibili, ma non per questo meno dannose. Sono modi piรน o meno accentuati di sostituire Dio con il nostro io! Gesรน รจ schietto: chi cade in questi atteggiamenti, riceverร  una condanna piรน severa degli altri!

Certamente chi ha responsabilitร  di guida verso i fratelli, sia nella Chiesa, sia nella societร , dovrebbe prendere molto sul serio queste parole di Gesรน. A questa fortissima rampogna del Maestro, fa seguito lโ€™altro esempio, quello di una povera vedova, emblema dellโ€™insignificanza e dellโ€™emarginazione nella societร  del tempo di Gesรน. Eppure, proprio da una debolezza cosรฌ accentuata, emerge la veritร  della coerenza evangelica. Di fronte al tintinnio delle monete superflue che venivano gettate dai ricchi nel tesoro del tempio, questa povera donna nascosta e discreta vi getta soltanto due spiccioli.

Per avere unโ€™idea del valore degli stessi in quel tempo, gli studiosi dicono che poteva essere lโ€™equivalente di un ottavo di quanto si dava ai poveri di Roma al tempo di Gesรน. Una quantitร  di denaro veramente irrisoria. Eppure davanti a Dio, quel gesto cosรฌ insignificante, vale piรน di tutto il rumore dei ricchi, perchรฉ ella, confidando totalmente in Dio e nella sua Provvidenza, non teme di offrire a Dio il tutto che possiede. Il testo originale dice ella โ€œgettรณ tutta la sua vitaโ€ (olon ton bion autes). La vedova, con il suo coraggio umile e totalizzante, viene elevata da Gesรน ad esempio di vera maestra per tutti noi. E noi, cosa siamo disposti a donare a Dio?

Troppo spesso la prudenza umana ci frena nel coraggio della caritร  e nella forza del dono, finendo per farci chiudere nella paura di perdere troppo di noi stessi. Una fede vera nella Provvidenza del Padre ci invita a donarci senza riserve. La liturgia ambrosiana ha una stupenda preghiera che don Luigi Giussani amava ripetere e che ben compendia lโ€™atteggiamento di questa vedova: โ€œDomine Deus, in simplicitate cordis mei laetus obtuli universaโ€ (Signore Dio, nella semplicitร  del mio cuore, lietamente ti ho dato tutto) (Orazione dโ€™Offertorio della antica liturgia della festa del SS. Cuore di Gesรน, in Messale Ambrosiano. Dalla Pasqua allโ€™Avvento, Milano 1942, p. 225).


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