Veri e falsi maestri
Il brano di questa domenica rappresenta lโultima parte narrativa del Vangelo di Marco, prima dei grandi discorsi sulle cose ultime e la narrazione degli eventi pasquali. Attraverso questa Parola Gesรน vuole farci riflettere sulla veritร e coerenza della nostra testimonianza cristiana, mettendo a nudo le disposizioni piรน intime del nostro cuore. Nel tempio, vale a dire nel luogo della presenza di Dio, convivono il grano e la zizzania, i cuori limpidi e i cuori ipocriti.
Noi, come discepoli destinatari di tale insegnamento, in quale categoria ci collochiamo? Per aiutarci a trovare una risposta dentro noi stessi, Gesรน ci presenta due esempi. Il primo รจ dato dagli scribi, conoscitori della Parola, studiosi della stessa e maestri in Israele. Nonostante queste alte qualificazioni curriculari, essi sono schiavi dellโapparenza, del desiderio di essere osannati ed elogiati, come anche di ricevere attenzioni e privilegi umani. In altre parole sono schiavi della loro vana gloria.
Accanto a questa diagnosi, Gesรน dice che spesso sono voraci, affamati di beni materiali e mostrano persino una pietร affettata, praticata per essere notati dagli altri. Possiamo dire di essere noi stessi immuni da questi atteggiamenti? Per tutti noi sono forti tentazioni: molto sottili, non sempre facilmente percepibili, ma non per questo meno dannose. Sono modi piรน o meno accentuati di sostituire Dio con il nostro io! Gesรน รจ schietto: chi cade in questi atteggiamenti, riceverร una condanna piรน severa degli altri!
Certamente chi ha responsabilitร di guida verso i fratelli, sia nella Chiesa, sia nella societร , dovrebbe prendere molto sul serio queste parole di Gesรน. A questa fortissima rampogna del Maestro, fa seguito lโaltro esempio, quello di una povera vedova, emblema dellโinsignificanza e dellโemarginazione nella societร del tempo di Gesรน. Eppure, proprio da una debolezza cosรฌ accentuata, emerge la veritร della coerenza evangelica. Di fronte al tintinnio delle monete superflue che venivano gettate dai ricchi nel tesoro del tempio, questa povera donna nascosta e discreta vi getta soltanto due spiccioli.
Per avere unโidea del valore degli stessi in quel tempo, gli studiosi dicono che poteva essere lโequivalente di un ottavo di quanto si dava ai poveri di Roma al tempo di Gesรน. Una quantitร di denaro veramente irrisoria. Eppure davanti a Dio, quel gesto cosรฌ insignificante, vale piรน di tutto il rumore dei ricchi, perchรฉ ella, confidando totalmente in Dio e nella sua Provvidenza, non teme di offrire a Dio il tutto che possiede. Il testo originale dice ella โgettรณ tutta la sua vitaโ (olon ton bion autes). La vedova, con il suo coraggio umile e totalizzante, viene elevata da Gesรน ad esempio di vera maestra per tutti noi. E noi, cosa siamo disposti a donare a Dio?
Troppo spesso la prudenza umana ci frena nel coraggio della caritร e nella forza del dono, finendo per farci chiudere nella paura di perdere troppo di noi stessi. Una fede vera nella Provvidenza del Padre ci invita a donarci senza riserve. La liturgia ambrosiana ha una stupenda preghiera che don Luigi Giussani amava ripetere e che ben compendia lโatteggiamento di questa vedova: โDomine Deus, in simplicitate cordis mei laetus obtuli universaโ (Signore Dio, nella semplicitร del mio cuore, lietamente ti ho dato tutto) (Orazione dโOffertorio della antica liturgia della festa del SS. Cuore di Gesรน, in Messale Ambrosiano. Dalla Pasqua allโAvvento, Milano 1942, p. 225).