Questa domenica coincide con la festa della Trasfigurazione del Signore, una celebrazione che cade ogni anno il 6 agosto e che gli orientali considerano la Pasqua dell’estate. Tale legame profondo con i misteri della Passione, morte e resurrezione di Gesù, rappresenta il senso profondo di questo episodio della vita di Gesù, raccontato da tutti i Vangeli sinottici e che quest’anno ci è proposto nella versione secondo Matteo. Per ben comprendere il senso della Trasfigurazione, è importante tener conto del contesto in cui essa avviene.
Gesù, nel capitolo precedente, presso Cesarea di Filippo, dopo la bellissima professione di fede di Pietro, “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, propone un insegnamento molto forte: Egli deve soffrire e dare la propria vita per la salvezza del mondo. Dopo sei giorni, il Maestro prende con sè tre dei suoi discepoli, proprio Pietro, Giacomo e Giovanni e li porta con sè in disparte. Viene da chiedersi, perché proprio loro e non tutti gli altri?
Considerando lo sviluppo del Vangelo, vedremo come loro stessi saranno presenti nel momento della preghiera angosciata di Gesù nel Getsemani, nelle ore drammatiche della Passione. Proprio perché essi possano essere testimoni della sua divinità, ricordando questa luce anche nel momento dell’oscurità e della prova, Gesù li rende partecipi di questa luce. Così accade anche per noi: quelle esperienze di luce, di consolazione e di intensa preghiera che sperimentiamo, sono di grande aiuto per i momenti di difficoltà e di prova che non mancano nella nostra condizione umana.
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Ma cosa accade esattamente in questo mistero di luce? Anzitutto la parola trasfigurazione (in greco metamorphosis) indica un cambio di aspetto. Gesù che fino a quel momento era sempre apparso come un uomo tra tutti, permette ai suoi discepoli di vedere oltre il velo della sua umanità la pienezza della luce della sua divinità. La presenza di Mosè, che rappresenta la Legge antica, e di Elia, che rappresenta la Profezia, confermano che il Signore è il compimento della Legge e dei Profeti. In essi tutto si riferisce a Lui.
Il Nuovo Testamento, il cui centro è Cristo, come ci ricorda Sant’Agostino, era nascosto nell’Antico e l’Antico si svela pienamente nel Nuovo (cfr. S. Agostino, Quaest. in Hept., 2, 73). La trasfigurazione di Gesù, dunque, è la conferma che attraverso le Scritture si incontra Dio, si impara il suo cuore e si cresce nell’amicizia con Lui. Questo evento, però, è anche un’esperienza di profonda preghiera. Esso accade su un monte, il Tabor secondo la tradizione. Al di là delle questioni topografiche, quello che chiama l’attenzione è l’idea del luogo dell’incontro con Dio che avviene in alto, fuori dall’ordinarietà della vita.
Se vogliamo davvero incontrare il Signore, abbiamo bisogno di silenzio, abbiamo bisogno di metterci in disparte e di lasciare che sia Lui a parlarci. Presi dalla frenesia del quotidiano, quanto poco spazio lasciamo a questo silenzio e a questa contemplazione. Troppo spesso anche la nostra preghiera è fatta più di parole che di silenzio e di ascolto. La vera preghiera, invece, è contemplazione, incontro con il Signore che ci parla.
Quando facciamo questa esperienza, come Pietro, sperimentiamo la vera bellezza di Dio: è bello per noi essere qui! Celebrare la Trasfigurazione di Gesù, dunque, è ci invita alla riscoperta della bellezza della preghiera, dello stare con il Signore e della vita cristiana. Se continuiamo a vivere la preghiera come un dovere o la vita cristiana come un insieme di cosa da fare, di obblighi e precetti, non saremo in grado di godere la bellezza di questo incontro con il Signore, né di esserne testimoni gioiosi.
L’incontro con Cristo nella preghiera è vera anticipazione di eternità, ma per viverla abbiamo bisogno di fare silenzio interiore, di svuotarci da tutto ciò che è superfluo e che ci distrae. Il silenzio interiore ed esteriore è proprio il presupposto dell’ascolto, quell’ascolto a cui il Padre invita tutti noi nel brano di questa domenica. Chiediamo al Signore, in questa festa della Trasfigurazione, di aiutarci a riscoprire sempre di più la centralità di Cristo nella nostra vita, vivendo quel primato del silenzio, dell’ascolto e dell’incontro con Lui, che rappresenta il vero senso della nostra vita.