La vera guarigione
Nella pagina evangelica di questa domenica continua la narrazione della giornata di Gesù a Cafarnao. Dopo aver insegnato nella sinagoga e aver liberato l’indemoniato con la potenza della sua Parola, il Maestro si reca a casa dei suoi discepoli Simone e Andrea, collocata – come anche gli scavi archeologici ci hanno mostrato – accanto alla sinagoga.
La gioia di una visita agli amici viene oscurata dalla notizia della malattia della suocera di Simone: quante volte la scoperta improvvisa o il presentarsi di una malattia in noi o nei nostri cari senza alcun preavviso sconvolgono le nostre vite e i nostri progetti! L’uomo di fronte alla sofferenza e al dolore scopre tutta la propria fragilità, vulnerabilità e solitudine, segnate dall’esperienza del limite creaturale, che fa sorgere sempre di nuovo la domanda: “dove sei, o Signore?”, “perché?”.
Gli amici di Gesù comprendono che è importante “parlargli di lei”, perchè la presenza del Maestro può fare la differenza, come ha già dimostrato nella sinagoga. È proprio il parlare a Lui nella nostra preghiera e nella nostra solitudine, che permette di rafforzare la certezza che è Gesù la risposta alle domande più graffianti che sorgono dal nostro cuore nell’ora della prova.
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La preghiera che sale da un cuore umile è il segno della fede, ma come in un circolo virtuoso, ne è anche il motore: chi crede prega e chi prega crede di più. Gesù, che “passò beneficando e risanando tutti” (At 10, 38), non rimane indifferente alla sofferenza della donna e con la mano divina la fa risorgere dalla malattia, perché ella possa tornare a servire Dio e il prossimo.
Questo evento di guarigione, che fa aumentare la fama di taumaturgo per Gesù, attira molta folla attorno a Lui. Il Signore, però, si ritira in preghiera, nel silenzio del suo dialogo con il Padre, per sottolineare con forza il primato dello spirito sulla materia, dell’eternità sul tempo, della salvezza eterna sulla salute fisica.
Il segno di guarigione fisica, infatti, non è che un richiamo alla potenza di Cristo che opera mediante la sua presenza e potenza la vera guarigione, quella del cuore ferito dal peccato, che è l’unica malattia veramente mortale per l’uomo, perché può precludergli la salvezza eterna. Ecco allora il senso delle parole semplici e vere attribuite al giovanissimo san Domenico Savio: “La morte ma non i peccati, Gesù e Maria siate sempre Voi gli amici miei”.
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Per gentile concessione di don Luciano Labanca, dal suo sito.