Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 30 Maggio 2021

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Immersi nel Mistero

La costituzione dogmatica del Concilio Ecumenico Vaticano II sulla divina Rivelazione Dei Verbum, al n. 2 dichiara: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (DV, 2).

Rileggere queste solenni affermazioni del Concilio nel giorno della solennità della Santissima Trinità ci aiuta a comprendere quale grande dono abbiamo ricevuto dalla sapienza divina, quando il Padre ha deciso di rivelarsi a noi per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. Generazioni e generazioni prima di Cristo hanno cercato di conoscere Dio, “come a tentoni” (At 17, 27), finché Egli stesso non ha deciso di far conoscere la sua identità per mezzo della piena rivelazione nel Figlio. Il grande mistero di Dio si dischiude alla nostra intelligenza e volontà solo per amore, per essere a sua volta conosciuto, adorato, amato e desiderato. La piena rivelazione del volto trinitario di Dio è una vera salita al monte, proprio come quello che la conclusione del Vangelo di Matteo, propostoci dalla Chiesa per questa domenica, ci descrive come luogo dell’ultimo incontro fra Gesù e i suoi discepoli prima del distacco. Soltanto sul monte della preghiera, della contemplazione e dell’amore, è possibile incontrare la rivelazione piena di Dio uno e trino. La Trinità delle persone e l’unicità della sostanza divina, infatti, restano un mistero che supera totalmente l’umana comprensione, se non fosse Dio stesso ad avercelo rivelato.

Di fronte a Cristo glorificato, i discepoli si prostrano: anche la Trinità, prima che essere un mistero comprensibile e investigabile, è una verità da adorare e amare. La ragione umana può investigare e convincersi dell’esistenza di un Essere Superiore, di un Ordinatore dell’universo, di una Fonte dell’essere e del divenire, quello che – come dice San Tommaso d’Aquino – “tutti chiamano Dio” (Summa Theologiae, I, 2, 3). Penetrarne il mistero, sapendo che è una sostanza in tre persone, uguali e distinte, l’Amante (il Padre), l’Amato (il Figlio) e l’Amore (lo Spirito Santo), è solo per chi accoglie la rivelazione di Gesù, crede e decide di immergersi in questo Mistero. Il sommo Poeta ci ricorda: “Matto è chi spera che nostra ragione/ possa trascorrer la infinita via/ che tiene una sustanza in tre persone” (Dante, Purgatorio, III, 34-39).

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Conoscere la teologia e le verità di fede a livello teorico non basta: si deve credere e amare il Mistero, per poterne sentire il calore e accoglierne gli effetti nella nostra vita. La forza della grazia, che illumina e riscalda, fa entrare questa luce incontenibile nel cuore dell’uomo, rivelandogli il cuore di Dio Uno e Trino, e coinvolgendolo nella dinamica dell’annuncio. Chi sente in sé il fuoco dell’amore, non può trattenerlo, ma come i discepoli su mandato di Gesù, avverte la spinta incontenibile della missione, per farlo conoscere agli altri, perché anch’essi possano sentirne la luce e il calore e il numero dei Figli di Dio possa crescere, per realizzare la Chiesa, il popolo di Dio, “che deriva la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (San Cipriano di Cartagine, La preghiera del Signore, 23).   


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