Come con un ritornello insistente, in questa prima domenica del tempo forte dellโAvvento, Gesรน ci invita alla vigilanza. Si tratta di un atteggiamento tipico di chi sta in attesa, di chi non si lascia sopraffare dagli eventi, dallโassuefazione o dalla superficialitร . Vigilare significa rimanere desti, padroni di sรฉ stessi, sempre capaci di interrogare la realtร e di lasciarsi interrogare. Chi conosce il tempo esatto di un evento, puรฒ anche permettersi di occupare lโattesa con altro, programmando gli impegni intermedi, colui invece che non conosce i tempi, non puรฒ lasciarsi sorprendere come uno sprovveduto, abbassando la guardia. E cosรฌ รจ la vita cristiana: una linea che si proietta verso un fine, lโincontro con Cristo, nella dimensione personale e in quella comunitaria, ma in un tempo che ci resta sconosciuto. Sappiamo che avverrร , perchรฉ ce lโha detto, ma quando e come non lo sappiamo.
Lui รจ giร venuto una volta, per darci la direzione del cammino e ci ha detto che tornerร una seconda volta, per condurci nella dimensione della definitivitร . Il tempo breve ma intenso dellโAvvento, nellโeconomia dellโanno liturgico, ci esorta a verificare in noi questo atteggiamento di vigilanza, di chi non distoglie lโattenzione dallโobiettivo, rimandando e dimenticando. Gesรน ci ricorda che non siamo i padroni della casa del Padre, nรฉ abbiamo potere di appropriarcene, siamo piuttosto servitori, con compiti specifici, ai quali prima o poi sarร richiesto conto dellโamministrazione. Siamo invitati a rimanere sempre saldi e desti in questo stato interiore di vigilanza, per non smarrire il senso del tempo e dellโesistenza, che trova la sua ragion dโessere nellโincontro con Lui.
Sarebbe una grande sconfitta farsi trovare addormentati dal padrone di casa al suo ritorno, perchรฉ significherebbe non aver corrisposto alla sua fiducia, non aver dato peso alle sue parole. Lโimmagine del portiere, che deve vigilare attentamente sulla porta, controllandone le entrate e le uscite, รจ una provocazione forte per noi a tener desto il nostro spirito di discernimento, sia a livello personale, sia a livello comunitario. Non possiamo far entrare in noi stessi, nel nostro cuore, ogni cosa, ma siamo chiamati a vigilare, a fare attenzione, a distinguere ciรฒ che ci fa bene e giova alla nostra edificazione, da ciรฒ che ci fa male e ci distrae dallโobiettivo, che รจ Gesรน. Dallโaltra parte, come parte di un unico Corpo, la Chiesa, abbiamo il compito di โguardare la portaโ ai nostri fratelli, perchรฉ la loro vita non sia sopraffatta dal male, distolta dal bene e trascinata lontano da Dio.
Una fede autentica ha sempre in sรฉ questa dimensione fraterna: non posso rimanere disinteressato di fronte alla sorte di mio fratello. Siamo invitati a guardarci sempre da quella obiezione-tentazione di Caino, che potrebbe risuonare anche nel nostro cuore distratto e cinico, che non vuole dar conto a Dio della sorte del fratello: โSono forse il custode di mio fratello?โ (Gen 4,9). Per concludere, ci fa bene rileggere Benedetto XVI che in modo illuminato ci istruisce sui pericolosi rischi della sonnolenza spirituale, lโatteggiamento diametralmente opposto alla vigilanza: โQuesta sonnolenza รจ un intorpidimento dellโanima, che non si lascia scuotere dal potere del male nel mondo, da tutta lโingiustizia e da tutta la sofferenza che devastano la terra. ร unโinsensibilitร che preferisce non percepire tutto ciรฒ; si tranquillizza col pensiero che tutto, in fondo, non รจ poi tanto grave, per poter cosรฌ continuare nellโautocompiacimento della propria esistenza soddisfatta. Ma questa insensibilitร delle anime, questa mancanza di vigilanza sia per la vicinanza di Dio che per la potenza incombente del male conferisce al maligno un potere nel mondoโ (Benedetto XVI, Gesรน di Nazaret. Dallโingresso in Gerusalemme fino alla Resurrezione, LEV, Cittร del Vaticano 2011, p. 173).
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