Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 28 Novembre 2021

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Il mistero dell’Atteso

Con questa domenica, la prima del tempo di Avvento, veniamo introdotti nel nuovo anno liturgico, in cui, illuminati dalla luce della Parola e guidati dalla preghiera della Chiesa, rinnoviamo la nostra celebrazione del Mistero di Cristo nei diversi tempi. Nelle domeniche di questo ciclo saremo accompagnati dall’evangelista Luca, il medico di cultura greca, lo scriba mansuetudinis Christi, che con il suo tratto pacato, immaginifico e sapiente, ci offrirà le sfaccettature dell’inesauribile Mistero dell’Atteso.

Ed è proprio la prospettiva di quest’attesa che ci viene presentata nel brano evangelico di oggi, così ricco di suggestioni e immagini apocalittiche. Questo aggettivo tanto abusato non deve portarci a letture catastrofiche e millenaristiche, con profezie disastrose e terrificanti, quanto piuttosto – recuperandone la vera etimologia, da “apokalispsis”, che in greco significa “rivelazione” – a riconoscere il ruolo del Signore, il Veniente. Presentandoci la creazione gemente, destinata a finire nel modo in cui si presenta attualmente, perché aperta ad un oltre, ciascuno di noi è invitato a riflettere sul proprio approccio alla realtà, agli eventi della vita e della storia.

Da uno sguardo che soccombe per l’angoscia, la paura e il senso di abbandono di fronte agli sconvolgimenti della natura e della vita degli uomini e dei popoli, la Parola di Dio ci illumina su una dimensione verticale, quella della speranza teologale: l’ultima parola spetta a Cristo, la luce delle genti, che tornerà coronato di potenza e di gloria. Lo stesso Cristo, umiliatosi per amore sul legno della croce, è il Signore glorificato che tornerà per ricapitolare in sè tutte le cose e liberare definitivamente l’umanità dai ceppi della finitezza e della morte.

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Finché il nostro sguardo sarà chino su noi stessi, sulle miserie di ogni giorno, la valle di lacrime della storia umana, senza aprirsi all’Atteso, noi saremo come gli ebbri che perdono il controllo della loro vita e della realtà che li circonda. Fortificati dalla virtù della speranza in Cristo, possiamo finalmente levare il capo svegliandoci dal torpore delle distrazioni e delle dissipazioni, mantenendo il cuore vigile e pronto all’incontro. Per un disegno imperscrutabile della Provvidenza noi non conosciamo in anticipo nè il giorno nè l’ora del nostro incontro personale con il Signore, nè dell’incontro definitivo di tutta l’umanità con Lui.

Questa “santa incertezza” non ci lascia tra “coloro che son sospesi” (Dante, Inferno, II, 52), ma è per noi lo sprone a mantenerci in costante preghiera, riconoscendo le venute intermedie del Signore. Nel corso del tempo che ci è donato, infatti, Gesù presente nella Parola, nei sacramenti, specialmente nella Santissima Eucaristia e nei poveri che bussano alle porte del nostro cuore, ci prepara per poterlo accogliere definitivamente nella gloria del suo eterno splendore.

Se siamo preparati e desti, infatti, questo incontro finale e definitivo non ci schiaccerà. Qualora, invece, fossimo spiritualmente assopiti, distratti e superficiali, l’incontro con il Figlio dell’uomo ci coglierebbe di sorpresa, schiacciandoci con la sua maestà di giusto Giudice.


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