Dio ama chi dona con gioia
Domenica scorsa, nel passo di Marco che abbiamo meditato, cโera stato detto che il Maestro fu mosso nellโintimo dalla compassione per la folla numerosa, che era stanca e disorientata, come pecore senza pastore.
Anche Giovanni, che per qualche domenica ci accompagnerร con brani del VI capitolo del suo Vangelo, registra la medesima attitudine di Gesรน. Insieme ai suoi discepoli, alzando gli occhi, il Signore vede la folla. Non rimane indifferente ai bisogni e coinvolge gli stessi discepoli: al Maestro e ai suoi sta a cuore il bene degli altri.
Un vero cristiano non puรฒ mai rimanere indifferente a chi รจ nel bisogno. Non puรฒ volgere lo sguardo altrove. Come Filippo, anche noi dovremmo sentirci interpellati dalla domanda del Maestro: come possiamo alleviare la fame di questa moltitudine ?
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Possiamo immaginare che un ragazzo, a distanza ravvicinata, abbia sentito la domanda di Gesรน e le obiezioni di Filippo, per questo approcciando Andrea gli avrร mostratoย quei cinqueย piccoli pani e i due pesciolini che sua madre gli aveva dato al mattino. La generositร del ragazzo, pronto a condividere ciรฒ che ha, si scontra con la prudenza calcolatrice degli adulti.
Ed รจ proprio da quella spontaneitร che Gesรน trova lo spunto per operare il miracolo. Ecco perchรฉ Gesรน ha detto altrove: โse non saprete farvi come bambini, non entrerete nel regno dei cieliโ (Mt 18,3). Chi, fidandosi come il ragazzo generoso, mette a disposizione il poco che ha mettendosi nelle mani del Signore, per alleviare il bisogno altrui, non puรฒ mancare di sperimentare la bellezza della Provvidenza divina.
Chiediamo al Signore di aiutarci a superare la tentazione del calcolo, per gettarci con totale fiducia nella consolante cura della sua Provvidenza, ricordando sempre di nuovo le parole dellโApostolo: โDio ama chi dona con gioiaโ (2Cor 9,7).
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Dal finale del brano odierno, infine, apprendiamo unโaltra lezione da Gesรน: nel bene compiuto e nei buoni risultati ottenuti, non lasciamoci tentare dal cercare consensi e popolaritร . Ricordiamo sempre di nuovo ancora le sue parole: โsiamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fareโย (Lc 17,10).ย
Non cโรจ motivo di vanto nel bene che facciamo, ma soltanto la risposta allโamore che ci precede, quello di Dio. Impariamo anche noi, dunque, come Gesรน a farci da parte, nel momento in cui volevano farlo re, secondo i criteri umani, della gloria e del potere. Sapeva bene il Signore, infatti, che la sua regalitร era differente e che il suo vero trono era la croce!
Per gentile concessione di don Luciano Labanca, dal suo sito.