Spogliarsi di tutto
Con la celebrazione della Domenica delle Palme e della Passione del Signore, come in un solenne portale liturgico, si entra nei riti della Settimana Santa, la Grande Settimana, cuore di tutto l’anno liturgico, in cui la Chiesa fa memoria viva della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù, invitando i fedeli a seguire Gesù da vicino in quelle ore tragiche, che danno senso alla storia. Uno studioso tedesco dei Vangeli, Martin Kähler, affermò: “i Vangeli sono la narrazione della passione con un’estesa introduzione“.
Tutta la vita e il ministero di Gesù, infatti, trovano in essa il loro senso ultimo e definitivo: Gesù si è fatto uomo, è venuto nel mondo, ha annunciato il Regno, guarito gli infermi, risuscitato i morti, liberato gli ossessi, per preparare il dono totale della sua vita sulla croce per noi.
Le ore drammatiche della passione, narrate da Marco con dovizia di particolari, non sono solo per noi un “pio racconto” da rievocare ogni anno per ravvivare la nostra devozione barocca, ma l’occasione per rileggere il senso della nostra esistenza, delle gioie e dei dolori, delle sofferenze e persino della morte, sorte comune di ogni uomo, alla luce dell’evento pasquale di Gesù. Dal cuore dell’uomo, ogni giorno, specialmente quando queste esperienze ci toccano da più vicino, oppure ne siamo addirittura protagonisti, sorgono sempre di nuovo le domande di senso.
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Perché si soffre? Perché si fa esperienza della solitudine, dell’abbandono, del tradimento? Perché i nostri cari e noi stessi dobbiamo morire? Perché esiste la sofferenza degli innocenti? Queste e altre domande che, a meno che non siamo di pietra, almeno qualche volta sorgono nel nostro cuore, non trovano una risposta facile e preconfezionata. Il Dio cristiano, il Dio di Gesù Cristo, non è una soluzione a tutti i problemi dell’umano, una panacea di facile raggiungimento.
Egli, piuttosto, ha risposto a queste domande assumendone tutte le conseguenze in prima persona, vivendo tutto questo fino in fondo, senza riserve. Rileggendo la passione di Gesù, noi possiamo sentirci sempre di nuovo rassicurare dal Maestro: io prendo sul serio tutta la tua sofferenza e persino la tua morte, tanto che ho scelto di attraversarle!
In esse, quando ci sarai, ricorda che non sei solo! Quale sarebbe, dunque, il miglior modo per leggere la Passione secondo Marco? La migliore strada sarebbe quella di rivedersi in qualcuno dei personaggi della stessa. Per ragioni di brevità e offrire solo un piccolo spunto che poi ciascuno potrà personalmente sviluppare, magari rivedendosi in altri personaggi, ci sembra opportuno contemplare una figura misteriosa, menzionata solo da Marco, apparentemente secondaria all’interno del racconto, quella di un “giovane” (neaniskòs), che in Mc 14,51-53, viene descritto mentre seguiva Gesù da vicino. Doveva essere un discepolo, o forse un curioso.
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Certamente qualcuno che si era avvicinato molto al Maestro. Quando Gesù viene arrestato nel Getsemani, le guardie vedono questo giovane che era rivestito soltanto di un lenzuolo, forse perché sorpreso dai fatti dell’arresto mentre stava riposando. Le guardie al vederlo tentano di afferrarlo, ma egli scappa via nudo. Misteriosamente, dopo i fatti della risurrezione, in Mc 16,5, si parla nuovamente di lui, questa volta nell’atto di annunciare la risurrezione di Gesù.
L’esperienza di nudità di questo giovane può essere interpretata in due modi, che non sono in opposizione: da una parte egli rappresenta il discepolo di ogni tempo, che quanto più si avvicina al Maestro, tanto più sperimenta la sua nudità, la sua inadeguatezza a seguirlo fino in fondo, quindi la necessità di spogliarsi di tutte quelle sovrastrutture che sono un peso alla sequela; dall’altra parte, la fuga del giovane nudo nella Passione potrebbe anche essere letta come immagine dell’esperienza dello stesso Gesù, che, spogliato delle sue vesti, schiacciato e umiliato nella sua umanità, divinamente nudo si presenta davanti al Padre.
Queste due interpretazioni non sembrano essere in contrasto. Seguire Cristo da vicino, vuol dire proprio seguirlo nella sua spoliazione e solo così si può riconoscere in Lui la risposta alle attese più graffianti del cuore umano. Spogliandoci di noi stessi, rinnegando il nostro ego, come Lui ha fatto in modo sommo sulla croce, possiamo davvero riconoscerne la sua divina presenza.
Per gentile concessione di don Luciano Labanca, dal suo sito.