La venuta di Gesù nel mondo dà un senso nuovo al tempo, perché lo rende pieno di significato in vista della salvezza promessa e sperata. Esso non può più essere considerato solo una dimensione vuota, una semplice “misura del movimento”, come lo definiva Aristotele, ma diventa l’occasione propizia per una decisione fondamentale della vita umana, quella di entrare in relazione esistenziale con Dio. Il Regno di Dio, vale a dire quella signoria divina sull’umanità, sulla storia e sulla natura, in cui il bene ha l’ultima e definitiva parola sul male, si rende prossimo alla sua piena realizzazione, quando Gesù inizia il suo annuncio di salvezza, all’inizio del suo ministero pubblico.
La proposta divina di Gesù, iniziativa gratuita e libera, richiede l’adesione piena dell’uomo, chiamato a convertirsi, ossia a cambiare mentalità (metanoein), dare un nuovo ordine ai propri pensieri, propositi e sentimenti, ponendo Dio al centro, attraverso la fede nella buona notizia del Vangelo. Ed è questo annuncio straordinario di gioia e salvezza, fondato su Cristo, Parola Viva del Padre, che sta alla base della Domenica della Parola di Dio, che per disposizione di Papa Francesco, stiamo celebrando oggi, III domenica del Tempo Ordinario. Riscoprire la forza del Vangelo, quella che da duemila anni continua ad illuminare cuore e mente di tanti discepoli di Gesù, è il motivo per cui siamo invitati a dare un rilievo particolare alla Parola di Dio nella vita della Chiesa.
Il cristianesimo, al contrario di quello che si possa pensare superficialmente, non è una “religione del libro”, perché per noi il vero centro non è dato da un libro, o da un insieme di libri quale si presenta la Bibbia, ma dalla persona viva e vera di Cristo, che è Parola, Logos fatto carne. La grande venerazione verso le Scritture, in altre parole, è sempre strumentale in noi alla conoscenza e all’incontro con il Cristo Vivente. Il Concilio Vaticano II ci ricorda: “La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli” Dei Verbum, n. 21).
Questo contatto con la Parola viva ed efficace, che è Cristo stesso, ha una conseguenza nella vita della comunità cristiana. Dall’annuncio della salvezza, infatti, Cristo nella sua sapienza ha disposto che avvenga un coinvolgimento di uomini da lui scelti per essere gli araldi e i testimoni privilegiati della diffusione del messaggio. In altre parole, l’annuncio ha bisogno di “operai qualificati”. Tale qualifica, tuttavia, non deriva da un particolare studio, da competenze tecniche specifiche e certificate, fosse anche nell’ambito della Scrittura e della teologia, ma solo dalla sua chiamata ad un’amicizia più profonda ed esistenziale con Lui, perchè altri uomini vengano “pescati” nella rete del suo Regno.
Alla chiamata di Gesù, poi, deve necessariamente corrispondere una risposta altrettanto generosa e totalizzante degli operai, che non devono aver paura di lasciare prontamente le proprie certezze e relazioni e di aprirsi alle sorprese di Dio. Il tempo nuovo e significativo inaugurato da Gesù, infatti, in chi viene interpellato per essere pienamente coinvolto nell’annuncio, non tollera ritardi ed esitazioni nè tanto meno condizionamenti umani e relazionali di alcun genere.