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Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 20 Ottobre 2024

Domenica 20 Ottobre 2024
Commento al brano del Vangelo di: Mc 10, 35-45

La grande illusione del potere

Una delle tendenze tipicamente umane, che ha generato nella storia tanta sofferenza, ingiustizia, oppressione e violenza, è certamente la fame di potere.

In maniera a volte grossolana, altre più subdola e sottile, la tentazione di voler primeggiare e dominare si manifesta molto frequentemente. Neppure i discepoli di Gesù, privilegiati dal poter condividere la quotidianità con il Maestro e dall’ascolto costante del suo insegnamento, sono stati immuni da questa tentazione.

Giacomo e Giovanni, destinatari di così tante attenzioni da parte del Maestro, testimoni scelti per grandi momenti del ministero di Gesù, come la guarigione della figlia di Giairo e la trasfigurazione sul monte Tabor, sono scivolati in questa tentazione: voler essere qualcuno, più degli altri, utilizzando la vicinanza al Maestro e agognando i due posti migliori nella gloria.

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Questa richiesta così impertinente è certamente segno che non hanno capito il senso della gloria di Cristo, che ha già chiaramente spiegato loro essere il frutto della sua passione e morte, e che la loro visione è ancora estremamente umana, troppo umana!

Gesù, al suo solito, deve “mettere i puntini sulle i”. L’unico privilegio per chi è chiamato a seguirlo, quindi promesso a tutti noi, è prendere parte alle sue sofferenze, bere al calice della sua passione e morte. Il frutto della gloria dipende da questo, nella misura e nel modo, che il Padre conosce e secondo criteri che restano certamente misteriosi.

La sete di potere e il desiderio di surclassare gli altri genera dissapori e discordie. Si vede bene nella reazione degli altri dieci discepoli. Perché dovrebbero essere proprio loro due e non noi? Alla tentazione di scalare le vette del potere consegue quella di distruggere gli altri, di voler impedire la loro ascesa, tagliando loro le gambe.

Gesù però li ferma in tempo e lo fa ricordando a tutti chi è Lui, chi stanno seguendo e su quali criteri si basa il suo Regno. Il discepolato non ha gli stessi criteri del mondo: non c’è comando e potere – o almeno non dovrebbe esserci!- tra i discepoli di Cristo.

Seguendo le orme del loro Maestro, essi hanno una chiamata speciale, controcorrente. Il loro stile, perché lo stile di Gesù è stato quello, non è il comando, la sottomissione e l’oppressione, ma la diakonìa, il servizio umile e disinteressato fatto per amore e con amore.

Chiediamoci con sincerità allora: come discepoli di Cristo, oggi, nella Chiesa, cosa desideriamo veramente? Servire Cristo e la sua Sposa, la Chiesa e i fratelli, oppure servircene, per guadagnare posizioni e spazi?

Questa tentazione è vecchia quanto l’uomo. Ci farà bene allora ricordare ancora una volta le parole di Paolo, che diventano preghiera per noi: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.

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Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,5-11).

Per gentile concessione di don Luciano Labanca, dal suo sito.

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