Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 18 Dicembre 2022

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In questa quarta domenica di Avvento, già collocata nelle cosiddette “ferie maggiori”, gli ultimi giorni che ci separano dalla celebrazione del Natale del Signore, la liturgia della Chiesa ci invita a contemplare gli antefatti immediati alla nascita del Figlio di Dio. Nella prospettiva di Matteo, complementare a quella di Luca che narra l’annuncio dell’angelo a Maria, i fatti vengono narrati dal punto di vista dell’esperienza di Giuseppe.

Come si può vedere qualche versetto prima, la genesis di Gesù, ossia la sua generazione, rompe lo schema della genealogia secondo la quale A genera B. Al versetto 16 ci viene detto: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo”. Già da quest’elemento testuale è evidente che la nascita del Messia è in discontinuità rispetto ad una normale nascita umana.

Giuseppe è lo sposo di Maria e pur non avendo concepito Gesù dal punto di vista genitale, egli ha una speciale vocazione, quella di essere il vero padre di Gesù, avendolo inserito nella discendenza davidica ed essendo stato il custode di questo evento straordinario. Questa pagina evangelica descrive la sua vocazione. Egli viene descritto come uomo giusto, che nella prospettiva biblica significa uomo di fede, uomo che vive alla presenza di Dio e cerca la sua volontà.

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In questa disposizione egli si trova ad affrontare una situazione più grande di lui. Leggendo in modo superficiale, possiamo pensare che Giuseppe fosse molto arrabbiato, alla scoperta che la sua promessa fosse già incinta, e certamente non di lui! Scendendo più in profondità, però, possiamo intuire che Giuseppe può essere venuto a conoscenza della verità dei fatti solo da Maria, la quale gli avrà certamente raccontato l’esperienza dell’angelo. Di fronte a questo, il giusto si sente inadeguato, indegno, turbato, per questo pensa di farsi da parte.

È troppo per lui. Nello stesso tempo non vuole esporre Maria a rischi, quindi pensa di separarsi da lei in segreto. Di sicuro, un uomo arrabbiato e deluso, non avrebbe agito in questo modo e con tutta questa delicatezza! Il seguito della narrazione, centrandosi sul modo in cui Giuseppe vive il suo dramma interiore, i suoi dubbi vocazionali, dimostra – come in ogni racconto di vocazione – che il Signore incoraggia e sostiene, perché le paure umane e le resistenze siano vinte.

Quante volte anche nella nostra vita, di fronte ai nostri dubbi ed incertezze, quando ci apriamo con verità ai disegni di Dio, sperimentiamo queste divine rassicurazioni. Come per Giuseppe, chiamato a dare il nome al figlio di Dio, esercitando una vera paternità, anche per ciascuno di noi c’è un disegno di Dio che siamo chiamati a riscoprire nel silenzio e nella preghiera, anche vivendo le contraddizioni della storia. Con la conferma della Parola, Giuseppe, il giusto, agisce di conseguenza, rinnovando la sua piena fedeltà a Dio e alla sua vocazione.

Con i fatti, anche lui dice il suo “eccomi!’, senza riserve.

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