Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 17 Febbraio 2021

Il Libro della Genesi ci ricorda che “il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gen 2,7). L’uomo (in ebraico “adam”), una creatura fragile proveniente dalla terra (in ebraico “adama”), ma abitata dall’alito di vita donatogli da Dio, è in un rapporto esistenziale di dipendenza da Lui. Mediante il peccato l’uomo cade sempre di nuovo nell’illusione di poter fare a meno di Dio, presumendo di essere autonomo e autoreferenziale, dimenticando la sua dimensione creaturale e, addirittura, osando di prendere il posto stesso del Creatore. Subito dopo il peccato, ponendo l’uomo fuori dall’Eden, Dio stesso gli ha ricorda: “ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!” (Gen 3,19).

L’austera liturgia del Mercoledì delle Ceneri, attraverso questo segno penitenziale dell’imposizione delle ceneri sul nostro capo spesso superbo e altero, viene a richiamare sempre di nuovo le parole di Gesù: “senza di me, non potete far nulla” (Gv 15,8). Prendere consapevolezza della nostra fragilità, del nostro essere peccatori e bisognosi di misericordia da parte di Dio, ci aiuta a vivere la Quaresima, questo tempo forte di 40 giorni che da oggi ci separa dal Triduo Pasquale, come tempo favorevole per la nostra conversione. Convertirsi vuol dire appunto “ritornare”, ossia ripercorrere i passi verso la verità del nostro essere creature in totale dipendenza da Dio. Se mediante il peccato siamo usciti dall’Eden, ossia dalla relazione di condivisione totale con Dio e con i fratelli, attraverso la penitenza, questo atteggiamento umile e profondo di chi riconosce la propria piccolezza davanti a Dio, possiamo veramente riprendere la via del ritorno a Lui, verso il nuovo Eden.

Il tempo della Quaresima, dunque, è un vero kairos, un tempo favorevole, in cui attraverso le opere penitenziali di cui ci parla il Vangelo di oggi, noi possiamo nuovamente riscoprire la verità su noi stessi e su Dio. In apertura del brano, Gesù fa una raccomandazione forte, quella di sfuggire gli applausi e l’ammirazione degli uomini. Condizione essenziale per entrare in questa dinamica di rinnovamento interiore, è il nascondersi in Dio. Non sono le vesti, come dichiara il profeta Gioele a doversi lacerare, ma il cuore (cfr. Gioele 2,12), la parte più intima di noi stessi, da dove viene fuori il peccato: “Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo” (Mc 7, 20-23).

Le tre opere penitenziali tipiche della Quaresima, dunque, rappresentano vie privilegiate per ripristinare questa nostra consapevolezza di essere creature in una relazione di dipendenza da Dio e per intraprendere il processo di guarigione del nostro cuore. L’elemosina, come gesto di condivisione dei nostri beni, del nostro tempo, delle nostre abilità, è la terapia contro l’avidità, l’idolatria dei beni materiali e delle comodità, dell’egoismo e dell’autoreferenzialità. Essa ci aiuta, sempre di nuovo, ad uscire da noi stessi, per guardare ai bisogni e alle necessità degli altri. La preghiera, come dialogo profondo con il Padre, ci aiuta a rafforzare la nostra relazione con Lui, a mantenere vivo il contatto del figlio con il Padre e della creatura con il Creatore.

È lì che noi cresciamo nella fede e riceviamo la grazia della vita divina, che ci santifica, ci guarisce e risana i desideri malati del nostro cuore, rimpiazzandoli con il desiderio buono della vita eterna. Sant’Agostino scriveva: “il Signore Dio nostro non desidera che noi gli facciamo conoscere qual è il nostro volere ch’egli non può non conoscere, ma desidera che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, onde diventiamo capaci di prendere ciò che prepara di darci” (Lettera a Proba [130], 8.17). La preghiera dunque è la ginnastica per il nostro desiderio di incontrare Lui. Esercitandoci già da questa terra, diamo un contenuto soprannaturale e spirituale a tutto il bene che possiamo fare, non confidando soltanto sulle nostre forze, ma aprendoci alla grazia soprannaturale.

Infine, attraverso l’opera penitenziale del digiuno, imparando a rinunciare al cibo, ai piaceri della vita, a ciò che soddisfa i nostri sensi, rinnoviamo nella nostra vita il primato di Dio, che è il vero cibo della nostra anima. Ci ricorda papa Francesco nel Messaggio per la Quaresima 2021: “Digiunare vuol dire liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma “pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore” (N. 1).

Leggi il testo integrale del Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2021


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