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Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 16 Febbraio 2025

Domenica 16 Febbraio 2025 - VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Lc 6,17.20-26

In chi ho posto la mia fiducia?

Gesù, insieme ai Dodici che ha scelto nell’intimità del suo dialogo con il Padre, sul monte dove si era recato a pregare, ora scende a valle. È il gesto che il Signore compie sempre di nuovo: scende verso di noi, verso le valli della nostra vita, perché gli interessiamo, perché vuole farsi nostro compagno di strada ed indicarci la via. La sua condiscendenza divina verso la nostra vita è segno del suo amore incondizionato per noi ed è il suo modo costante di agire, parlare e insegnarci.

Prendendo la parola, Gesù si rivolge prima di tutto ai suoi discepoli, ma vuole che il suo messaggio si riverberi anche sulla folla, perché da essa possano sorgere ancora altri discepoli. Indirizzandosi a loro, in uno stile alquanto differente dalle beatitudini che leggiamo nel Vangelo di Matteo (Mt 5,1-12), qui Gesù si rivolge direttamente ai suoi, con una seconda persona plurale, fotografando quattro situazioni di prova, in maniera molto concreta: la povertà, la fame, il pianto e la persecuzione.

Si è beati, benedetti, felici, quando si vivono queste situazioni, non perché siano buone in se stesse, ma perché danno al discepolo la possibilità di porre tutta la sua fiducia in Dio. Il povero, che non si fida delle sue risorse, ma si affida totalmente a Dio, possiede la ricchezza più grande di tutte, ossia il Regno. Chi sperimenta la fame di tutto ciò che è necessario, sa che è debole, vulnerabile, e deve aspettarsi tutto da Dio, che con la sua Provvidenza non lo abbandonerà a se stesso.

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Chi è nell’angoscia, nel pianto, nel dolore, può scoprire sempre di nuovo che tale condizione della vita umana non è permanente, ma ha una fine. La vera gioia non è di questo mondo, ma dell’eternità con Lui. La quarta beatitudine, poi, è per coloro che sono perseguitati per una specifica ragione, espressa chiaramente da Gesù, ossia “a causa del Figlio dell’uomo”. Si tratta di persecuzione che deriva dalla fede, dal disprezzo di Cristo, la persecuzione che causa il sangue dei martiri.

È importante, infatti, avere chiara la causa di questa persecuzione: in tale beatitudine non rientra la persecuzione tout court, di chi viene perseguitato a causa delle sue azioni, dei suoi errori. In quei casi la causa non è Cristo, ma lui stesso! Chi, invece, è perseguitato per Cristo, per suo amore, ha una sorte sicura: la ricompensa celeste, l’eternità senza tramonto!

L’originalità delle beatitudini, secondo la versione di Luca, sta anche nella speculare presenza di quattro guai. Il primo è per i ricchi, che pongono la fiducia nella carne e nei beni di questo mondo. Non possono aspettarsi nulla di buono, perché hanno già avuto la loro consolazione. Il problema, però, è che questa comodità e consolazione materiale, è destinata a finire!

Così anche chi ha pensato a saziarsi delle cose di questo mondo, senza coltivare la vera fame e sete di Dio, quando sarà privato della sua presenza per sempre, avrà un’eterna fame di Lui e non potrà mai essere saziato (non è questo l’inferno?!).

Così sarà anche la sorte dei gaudenti, di coloro che per tutta la vita hanno sfuggito o edulcorato il dolore, lasciandosi distrarre da fatui surrogati: un giorno dovranno fare i conti col dolore, già in questo mondo, e questa potrebbe ancora essere una possibilità di purificazione, ma se perdono anche quest’ultima, dovranno fare i conti con l’eternità.

Infine, destinatari dell’ultimo guai sono coloro che investono tutte le loro energie nella ricerca smodata dei consensi. Avere qualche complimento non è peccato, ma attaccare il cuore alla falsa immagine che siamo capaci di generare negli altri, proprio come “falsi profeti”, appunto, può veramente portarci lontano da Dio!

Quanto è prezioso, allora, imparare anche ad accogliere le contestazioni, le contrarietà della vita, per amore alla Verità, sapendo che queste ci tengono sulla buona strada dell’umiltà e della confidenza in Dio.

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Per gentile concessione di don Luciano Labanca, dal suo sito.

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