Subito dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, dopo il suo “bagno di folla”, Gesù ha bisogno di silenzio, solitudine e profonda preghiera. Deve ricentrarsi sulla fonte del suo essere e del suo agire, quel dialogo profondo col Padre, che dà il senso a tutto ciò che Gesù è, fa e dice.
In questo contesto egli “costringe” i suoi discepoli ad attraversare il mare di Galilea, in piena notte, nel momento più difficile, in cui spesso accadono tempeste, a causa della speciale congiuntura geografica e meteorologica di quell’angolo di mondo. Dietro questa divina mozione con cui Gesù esorta i discepoli, possiamo facilmente leggere il desiderio di fare in modo che i suoi non fuggano le loro paure, ma che le affrontino, immergendosi in esse, per sperimentare che Lui è il Signore e non abbandona i suoi nella prova.
Ed esattamente nell’esperienza della tempesta, del vento contrario e del terrore della morte, Gesù si manifesta nel cuore della notte, camminando sulle acque. La forza del mare, la sua irruenza che sembra incontrollata, terrificante, richiama l’esperienza del male, dell’oscurità e della notte. Il Figlio di Dio ha potere su tutto ciò, può calpestare il male, camminandogli sopra. Con questa manifestazione divina di Gesù, i discepoli sono presi da una grande paura, perché non sono in grado di riconoscere subito la presenza del Signore.
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È la Parola di Gesù ad illuminare queste tenebre, rassicurandoli perché è Lui, il vivente, il Signore e non uno spirito fumoso ed indefinito a manifestarsi. A questa rassicurazione del Maestro risponde il solito entusiasmo di Pietro. Non gli basta la rassicurazione, vuole fare esperienza diretta: chiede di poter anche lui camminare sulle acque. Gesù non è chiuso e rende il suo discepolo partecipe del suo potere sul male, permettendogli di calpestare il male.
La fede, tuttavia, è presupposto necessario: finché Pietro fissa il Maestro, non ha problemi. Non appena il suo sguardo si concentra più sulla forza del vento contrario, dell’irruenza delle acque, che sulla presenza del Signore, inizia ad affondare. “Signore, salvami!”: è l’invocazione accorata che con Pietro, tutti noi, suoi discepoli rivolgiamo a Lui nell’ora della prova, quando la fede vacilla e la forza del male sembra avere il sopravvento su di noi.
Il Signore, tuttavia, anche quando la nostra fede è debole, è pronto ad intervenire! Il suo intervento è esigente: bisogna avere fede, gettarsi nella relazione di amicizia con lui, con piena fiducia e totale affidamento. Quando Lui c’è, la tempesta si calma e con fede, come i discepoli, lo riconosciamo come Figlio di Dio.