Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 12 Giugno 2022

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Riflessi dell’Amore divino

Se un non credente o una persona di altra tradizione religiosa ci dovesse chiedere: “Tu, come cristiano, in cosa credi? Qual è il cuore della tua fede?”. Forse qualcuno potrebbe rimanere interdetto, oppure correre il rischio di rispondere in maniera superficiale o imprecisa; molti potrebbero rispondere che credono in Dio, ma in questo caso l’obiezione degli interlocutori sorgerebbe immediata: “Anche i mussulmani, gli ebrei e tutti coloro che coltivano un sentimento religioso credono in Dio”. 

La domenica in cui la Chiesa ci fa celebrare la Solennità della Santissima Trinità, dopo la conclusione del tempo pasquale con la Pentecoste, è un grande aiuto per tutti noi credenti nel riaffermare e testimoniare le verità fondamentali della nostra fede. La prima delle quali è l’unità e la Trinità di Dio, accanto all’altra, che è l’Incarnazione, Passione, morte e Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Dopo la celebrazione dei misteri pasquali e il dono dello Spirito a Pentecoste, il nostro sguardo spirituale si eleva nella contemplazione del grande mistero di Dio, Uno nella sostanza divina e Trino nelle persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

La promessa di Gesù, quella di infondere il suo Spirito di verità sui discepoli, si è compiuta a Pentecoste e da allora, la rivelazione compiuta da Gesù in maniera già completa, è andata approfondendosi sempre di più nelle menti e nei cuori dei credenti di ogni epoca, che hanno potuto professare e chiarire sempre meglio la conoscenza e l’amore di Dio.

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Lo spirito umano, dotato di intelligenza e ragione, leggendo i segni della creazione e della storia può giungere facilmente a comprendere l’esistenza di un Essere superiore, di una Fonte della vita, un Ordinatore dell’universo, ma solo Cristo, l’Inviato dal Padre, ha potuto pienamente rivelarci il vero volto di Dio.

Cristo con la sua rivelazione pubblica, contenuta specialmente nelle Scritture e trasmessa fino a noi nella Tradizione della Chiesa, ha dischiuso all’umanità il mistero del cuore di Dio, testimoniando la sua relazione unica con il Padre e promettendoci il dono dello Spirito, rivelandoci che l’essenza stessa di Dio è Amore.

Non c’è altro modo con il quale l’uomo possa bisbigliare il mistero della Trinità, al di fuori del concetto di Amore. Sant’Agostino, nel famoso trattato sulla Trinità, ci ha ricordato che le tre persone della Trinità possono considerarsi come l’Amante (Padre), l’Amato (il Figlio) e l’Amore (Lo Spirito Santo) (cf. De Trinitate, VIII, 10,14). Questo Spirito, Terza Persona della Santissima Trinità, è l’Amore increato, eterno e personale che il Padre e il Figlio si scambiano ab aeterno, rendendoci connaturali a Cristo.

Egli ci permette di essere figli nel Figlio e ci rende partecipi di questo stesso dono, dandoci la possibilità di amare i fratelli con la stessa carità divina. Solo la fede, come adesione personale e profonda al mistero, al di là della conoscenza intellettuale, ci fa entrare in questa nuova dimensione relazionale, trasformandosi in amore. All’Amore eterno del Padre, del Figlio e dello Spirito si può rispondere in modo esistenziale solo con l’amore. In conclusione, nello stesso trattato sopra citato, Sant’Agostino ci provoca ancora con una sua affermazione, che diventa per tutti noi un programma di vita cristiana: “sì, tu vedi la Trinità, se vedi la carità” (De Trinitate, VIII, 8,12). Chiediamoci dunque: se abbiamo la Trinità nel cuore e amiamo Dio veramente, quando gli altri guardano alla nostra vita, possono veramente vedere questa carità? È il nostro amore fraterno specchio della nostra fede e del nostro amore al Dio Uno e Trino?


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