La pagina evangelica di questa domenica si presenta densissima e molto graffiante. Gesù , come nuovo Mosè, ci riporta al cuore stesso della legge. Non è sufficiente un’osservanza che sia puramente superficiale ed esteriore, ma occorre scendere nella profondità di quei precetti che Dio ha donato ad Israele, per indicare la retta via e rimanere nel recinto dell’amicizia con Lui.
Le degenerazioni del fariseismo e degli studiosi della legge rendevano schiavi della lettera, Gesù viene ad illuminarci sul cuore stesso di questa legge, che è la giustizia superiore dell’amore vero. Essa germina in qualcosa di ancora più profondo dei gesti esteriori, tocca la parte più intima dell’uomo, dal quale sorgono le intenzioni più sante, ma anche i progetti di male più abominevoli.
Attraverso le cosiddette antitesi, Gesù riprende alcuni passaggi noti e chiari della legge antica e li rilegge in modo approfondito e radicale, gettando luce nelle mozioni più profonde del cuore. Si può essere assassini, infatti, pur non uccidendo materialmente nessuno, quando nel cuore si coltivano odio, rancore, vendetta, si cancella l’esistenza dell’altro, si pensa male di lui, lo si vede come un nemico.
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Finché siamo in questo mondo, vincendo noi stessi e confidando nella grazia, siamo sempre in tempo per correggere il tiro di queste radici di morte che si annidano in noi. Si può essere adulteri, pur senza consumarne l’azione, quando lo sguardo apre il cuore a desiderare un altro o un’altra, mentre si è nel vincolo santo del matrimonio, oppure pur non essendolo, si desidera chi lo è con un altro o un’altra. Non si è nella verità dell’amore, quando l’altro si considera un oggetto da possedere o cambiare a piacimento, svuotando il senso delle relazioni più vere.
La parola umana richiede linearità e trasparenza, senza bisogno di sotterfugi, per mostrare la propria credibilità. Se il nostro comunicare è privo di ambiguità e doppiezze, non diamo spazio alla menzogna e alla finzione di avvelenare la nostra vita. Sono esigenze certamente alte quelle che Gesù ci propone nel suo insegnamento. Sappiamo, però, che questo percorso di interiorizzazione della vera giustizia, non è frutto del nostro sforzo, ma della luce dello Spirito che agisce in noi. Con Sant’Agostino, trasformiamo questa nostra riflessione in preghiera: “Ogni mia speranza è posta nell’immensa grandezza della tua misericordia. Da’ ciò che comandi e comanda ciò che vuoi” (Confessioni, X, 29.40)