La porta sempre aperta
La IV domenica di quaresima, detta “Laetare”, per via dell’antifona d’ingresso della Messa, ha una speciale connotazione di gioia, in cui la Chiesa ci fa anticipare l’atmosfera pasquale. La splendida pagina evangelica, presa dal capitolo III del Vangelo di Giovanni, ci conduce ad approfondire il senso di questa gioia consolante, che certamente non è un sentimento a buon mercato.
L’evangelista, proponendoci un passo del discorso di Gesù a Nicodemo, questo fariseo, rappresentante del giudaismo ortodosso e cercatore notturno di Dio, ci porta al cuore del mistero pasquale di Gesù. Richiamando l’episodio dell’innalzamento del serpente di bronzo nel deserto ad opera di Mosè (cfr. Nm 21,4-9), per salvare il popolo dai morsi velenosi dei serpenti, Gesù annuncia il compimento di quella profezia nella sua persona.
Ciò che si verificò simbolicamente ai tempi della Prima Alleanza, assume ora un senso nuovo in Lui, innalzato sulla Croce. La sorte ignominiosa di un condannato a morte diviene causa di salvezza eterna per chi crede. È l’amore del Padre, infinito e viscerale per l’umanità, manifestatoci nel dono del Figlio, la causa della salvezza dai morsi mortiferi del peccato.
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È consolante sapere che Dio non cambia idea nei nostri confronti: ha dato il suo Figlio perché noi avessimo la vita, quella vera, eterna, che non finisce. Sotto il peso dei nostri peccati e delle nostre infedeltà, ci viene data la possibilità di essere perdonati, guariti, se lo vogliamo. Non è sufficiente credere in qualcosa, compiere gesti, ma investire nell’amicizia con Gesù, credere nella sua persona viva.
Dio Padre, in Cristo, offre al mondo sempre di nuovo questa possibilità. Egli, di fronte ai ripetuti rifiuti dell’umanità, avrebbe potuto arrendersi, condannandoci per sempre, eppure ha lasciato una porta sempre aperta per tutti noi, manifestando il suo amore senza fine. L’ingresso attraverso la porta avviene mediante la libera adesione della fede, mai imposta, ma sempre proposta.
Vivere di fede significa vivere nella verità, lasciarsi illuminare dalla luce di Cristo e compiere le opere della luce. Nonostante questo dono irrevocabile di Dio e del suo amore, però, ci sono tanti che decidono di non accogliere la luce, ma scelgono le tenebre, perché le amano più della luce. Noi da che parte vogliamo stare? Scegliamo la luce e la verità, oppure siamo ancora attratti dalle tenebre della menzogna, del peccato e dell’egoismo?
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Per gentile concessione di don Luciano Labanca, dal suo sito.